Attualità
22 Ottobre 2018
La scienziata ospite di un convegno a Ferrara: "La capacità innovativa della nostra agricoltura sembra anestetizzata, ferma a semi di vecchia generazione"

La senatrice Cattaneo: “L’innovazione in agricoltura vittima di pregiudizi”

di Redazione | 4 min

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Ospite di eccellenza del convegno su agricoltura e scienza organizzato da Confagricoltura e dai Giovani di Confagricoltura Ferarra è stata la biologa e farmacologa Elena Cattaneo, scienziata e senatrice a vita, nota per i suoi studi sulla malattia di Huntington e per le sue ricerche sulle cellule staminali.

Senatrice Cattaneo, quanto è importante il ruolo che la comunità scientifica gioca all’interno della ricerca in agricoltura?

 “Molto importante. Voglio rimarcare il ruolo degli studiosi, il loro dovere e la responsabilità pubblica che hanno nell’aiutare le istituzioni politiche a non deragliare, seguendo sempre le prove che vengono messe a disposizione. Io non sono una specialista di piante geneticamente modificate, ma avvicinandosi a questo argomento ci si rende conto di quanto poco conosciamo le necessità dell’agricoltura. C’è una vera e propria emergenza di cui non si parla”

Quale tipo di emergenza?

“E’ una emergenza che riguarda la capacità innovativa della nostra agricoltura che sembra anestetizzata. E’ ferma a semi di vecchia generazione. Fatte salve le eccezioni, produciamo poco, male e importiamo sempre di più. I nostri soldi alimentano le attività imprenditoriali all’estero e non sollecitiamo più la nostra ricerca agricola. Sono state fatte in venti anni scelte politiche suicide: si nega ai nostri imprenditori di commercializzare, innovarsi, ingegnarsi e allo stesso tempo si impedisce alla ricerca pubblica di lavorare sulle nostre piante e sulle nostre esigenze. E’ un corto circuito totale. Dobbiamo farci una domanda culturale: quali sono i pregiudizi che ci impediscono di incorporare l’innovazione? Perché accettiamo l’innovazione della salute e non accettiamo l’innovazione in agricoltura?

Lei che risposta si è data?

“Quando ci sono i pregiudizi si costruisce una alternativa che non è mai una vera alternativa, ma è qualcosa di finto e di costoso”

Vorrei fare un passo indietro: ha parlato di “deragliamento” della politica per alcuni ambiti. Fa riferimento a qualcosa in particolare?

A tante cose. In generale sui temi che riguardano scienza e innovazione i deragliamenti sono sempre dietro l’angolo e sono un continuo e in politica i deragliamenti sono forti. Pensiamo a Stamina, a Di Bella, al caso xylella in Puglia. La scorsa settimana ero a Fasano e ho ascoltato studiosi che hanno presentato dati inequivocabili: un’ora e mezza di discussione pubblica basterebbe per risolvere il problema. In più, adottando le procedure europee, si poteva bloccare l’avanzamento e non si è fatto. Ecco quindi la politica che cerca il facile consenso e una inesistente alternativa. E adesso ci troviamo con il problema che si è diffusa in tutto il tacco dell’Italia ed è arrivata fino a Brindisi. Il parassita viaggia attraverso gli insetti 30 chilometri all’anno, si sta diffondendo e nessuno lo ferma. I parassiti, anche quelli che colpiscono le colture, non obbediscono a leggi politiche ed è ridicolo che si possa pensare di fermare un parassita con un voto e una alzata di mano, prescindendo dai fatti. Quella alzata di mano e quel voto, se non si basano su un fatto misurabile e misurato, perdono valore. Ed è un voto che paghiamo tutti. Quindi i deragliamenti politici proprio sui temi salute e alimentazione sono continui, perché si vuole condizionare la realtà e dare una visione dei risultati che è quella che più prende e raccoglie consenso. Ma non bisogna seguire il consenso, bisogna seguire le prove e i fatti. A me preoccupa che di fronte a questi deragliamenti la voce degli studiosi sia poco presente.

Al convegno “L’agricoltura tra scienza e gusto” è stata invitato anche l’Istituto Vergani Navarra. Crede sia importante la presenza di studenti e studentesse a eventi di divulgazione come questo?

Sì, tutte le scuole sono importanti. Chiediamo a chi frequenta le scuole di impegnarsi con il metodo della scienza, poi però voltiamo loro le spalle. E’ il corto circuito di cui parlavo. Viviamo il paradosso di avere molte competenze e molti specialisti, ma non li integriamo nelle decisioni politiche. Le scuole servono a studiare, a sperimentare e non vedo il motivo per cui prescindere da chi fa ricerca. Perché vuoi decidere senza basarti sui fatti? Lo sappiamo: perché molte volte i fatti sono scomodi.

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