Spal
19 Ottobre 2018
La vecchia gloria spallina parla ai taccuini di Estense.com: "Eravamo sempre tranquilli quando giocavamo con i giallorossi, perché di solito ci andava bene"

L’intervista biancazzurra, la vittoria di Roma raccontata dai ricordi di Bozzao

di Redazione | 8 min

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Davanti ad una cornice di pubblico meravigliosa, nonostante il meteo ed un campionato di grande sofferenza, i biancoazzurri battono il Pineto trovando la terza gioia consecutiva e soprattutto la salvezza aritmetica.

Spal, c’è il Pineto tra i biancazzurri e la salvezza

Chiudere il discorso salvezza, con un occhio puntato anche ai risultati delle altre. Nella gara di oggi contro il Pineto, l’ultima di campionato al “Mazza”, la Spal vuole chiudere bene la stagione davanti al proprio pubblico prima della trasferta di Olbia: la vittoria contro gli abruzzesi garantirebbe agli estensi la salvezza matematica

I giocatori rientrano negli spogliatoi dello Stadio Comunale.
Sono visibili da sinistra in senso orario Reja, il portiere Cantagallo, Bozzao e Pasetti.

di Arnaldo Ninfali

Roma, tardo pomeriggio dell’11 settembre 1965. Un manipolo di allegri giovanotti in divisa circonda la Fontana di Trevi per la foto di rito in uno dei luoghi più famosi al mondo. Frotte di turisti li osservano, ammirati dei loro eleganti completi spezzati: pantalone grigio e giacca blu recante sul bavero un ovale azzurro con inciso, su fondo bianco, un acronimo dal significato oscuro.

I romani calciofili invece, colpiti da quell’ostentazione di spensieratezza, sono presi da una strana in-quietudine, come se l’indomani, sugli spalti dell’Olimpico, possa accadere che non tocchi a loro far festa. Ma è solo un attimo, un cedimento improvviso a un puerile timore di non rientrare più tra le grandi del calcio italiano. Di lì a qualche ora sapranno invece quanto quel funesto presagio ubbidisse ai disegni del fato. Negli annali del calcio è scritto infatti che il 12 settembre 1965, sotto il cielo di Roma, si celebrò il trionfo della Spal.

E’ trascorso più di mezzo secolo da quell’impresa e oggi ne parliamo con uno di quegli sfrontati giovanotti che, dalle parti della Fontana di Trevi, diedero vita ai pensieri dei romani di fede giallorossa: Gianfranco Bozzao.

Gianfranco, cosa ti ricordi di quella storica partita?

“Di quella partita mi viene in mente il Paso (Gigi Pasetti, ndr), che doveva marcare Barison, un armadio di ala sinistra che sembrava inattaccabile. Bene, Gigi non gli fece toccare palla, lo anticipò sempre, facendogli fare una magra figura. Una magra figura a un nazionale, non so se mi spiego.

E tu, mi pare che giocasti fuori ruolo quel giorno: Fochesato aveva il 3, che di solito era tuo, e tu il 6, che immagino ti faceva fare il libero. Come mai questo stravolgimento di formazione?

“No, io facevo lo stopper. Avrò fatto più di cinquanta partite da stopper, che voleva dire, per quelli che non conoscono i termini del calcio che fu, marcare il centravanti”.

Ho capito. Però in mediana c’erano Bagnoli e Colombo, i quali non mi pare non abbiano mai giocato da liberi. Chi faceva il libero quel giorno, secondo te?

“Mi sa che era Massei, che in quel periodo giocava col 7 e veniva spostato dietro la difesa”.

Quale fu la chiave di volta di quella storica vittoria?

“Vedi, noi con la Roma avevamo una tradizione positiva, più che con la Lazio. Con la Lazio mi pare che non abbiamo mai vinto. Quindi eravamo sempre abbastanza tranquilli quando affrontavamo quella trasferta, perché di solito ci andava bene”.

Non avete adottato particolari accorgimenti, magari suggeriti da Mazza?

“Mah, noi giocavamo sempre allo stesso modo, cioè difesa fatta con ordine e marcature strette, e poi contropiede veloce. Questa era la nostra fisionomia di squadra. Ognuno, a quel tempo, era responsabile del giocatore che doveva marcare. Con la marcatura a uomo era così. Se, ad esempio, quel giorno avesse segnato il 9, che mi pare fosse il brasiliano Da Silva, la colpa sarebbe stata mia. Era più facile allora trovare il responsabile delle sconfitte”.

Che effetto fa giocare all’Olimpico di Roma, si sente la pressione del pubblico avversario?

“Ma no. A noi andava bene, perché andavamo in campo carichi, sapendo che su quel campo avevamo sempre fatto ottime prestazioni e avevamo portato via punti. Roma e Napoli erano i campi che ci mettevano di buon umore. Quando non abbiamo fatto risultato a Napoli è stato perché l’arbitro ci ha dato due o tre rigori contro. Quanto al pubblico, dal campo, quando sei concentrato sul gioco, non lo si sente neanche”.

Da una foto che ritrae un gruppo di voi presso la Fontana di Trevi, si deduce che eravate davvero spensierati: era incoscienza, secondo te, o il modo migliore per sciogliere la tensione per la partita del giorno dopo?

“Come ho detto prima, era lo stato d’animo solito di quando affrontavamo le partite con la Roma. Eravamo tranquilli, sicuri che avremmo fatto un’ottima prestazione. Così eravamo anche nello spirito giusto per goderci le bellezze di Roma”.

Certo che davate l’impressione di essere proprio un bel gruppo. Però vi salvaste per il rotto della cuffia, pur avendo in squadra gente come Capello, Crippa, Massei, Bagnoli, Pasetti, tu stesso. Cosa vi mancava per fare un campionato almeno di tranquillità?

“Ci mancava il bomber, quell’attaccante che riuscisse a risolvere le partite quasi da solo. Quello che è presente oggi in tante squadre di primo piano. Pensa a Higuain o a Dybala, giocatori che prendono il pallone e vanno in porta da soli. E’ inutile che si dica, tu puoi avere un’organizzazione di gioco fin che vuoi, ma se ti manca quello che butta dentro la palla, non vai da nessuna parte. Ai nostri tempi noi come Spal avevamo bisogno che tutti quanti rendessero al cento per cento, mentre le squadre che hanno chi risolve le partite possono permettersi anche qualche pedina sotto tono. Ecco, noi avevamo Oscar Massei, vero ‘oscar’ di nome e di fatto, un signor giocatore e un vero uomo, capace di motivare il gruppo dentro e fuori dal campo, ma era un ispiratore di gioco, non un finalizzatore. Anche se di gol ne ha fatti parecchi anche lui. Insomma, noi dovevamo supplire alla mancanza del vero bomber con l’efficienza del gruppo. E’ chiaro che, in questo modo, il nostro traguardo non poteva che essere la salvezza”.

Ti ricordi come si svilupparono le azioni dei due gol di quella partita?

“Mah, mi stai chiedendo troppo, mio caro. E’ passato troppo tempo. Comunque vedersi assegnare un rigore a Roma, a una squadra come noi, è stato proprio un fatto straordinario. Era più facile che te ne dessero tre contro su quei campi lì”.

La domenica precedente, cioè la prima di campionato, avevate perso 2 a 4 in casa col Napoli. Come avvenne una trasformazione così radicale in una settimana?

“Semplicemente allenandoci con impegno. Cercavamo di far tesoro degli errori commessi e la domenica successiva giocavamo la nostra partita come sapevamo fare e come l’avevamo preparata. In più sapevamo che tutte le partite erano buone per racimolare punti e quelli che facevamo nelle prime partite erano tutto fieno in cascina per i tempi di magra”.

Se facessimo un paragone fra Roma e Spal di ieri e di oggi, il divario tra il valore dell’una e dell’altra è oggi minore o maggiore?

“Adesso, secondo me, i giocatori sono più bravi, anche se alcuni hanno delle lacune tattiche. Ai calciatori della mia generazione il calcio non l’aveva spiegato nessuno. Era nella nostra testa assimilato in modo spontaneo, giocando per strada o nei campi. Gli schemi di gioco allora venivano appresi in modo naturale mentre oggi vengono insegnati con esercitazioni ad hoc che rendono i giocatori più completi. Comunque fra le due squadre direi che il divario è rimasto lo stesso. Anche la Spal ha adeguato il suo gioco alla tecnica moderna, ma la differenza sta sempre tutta nelle diverse disponibilità economiche delle due società. Allora come oggi c’erano i giocatori più o meno tecnici: ricordo che si diceva di qualcuno ‘l’è un murador’, per indicare che era rude nei contrasti. Ma c’era bisogno anche di questi, come oggi del resto”.

Quali sono i giocatori più temibili della Roma di oggi?

“La Roma oggi ha un parco di giocatori che sono tutti temibili. C’è quel centravanti lì, Schick mi pare si chiami, che è una bestia di quasi 1.90 che fa paura. Non ho mai capito perché abbiano dato via Nainggolan: una squadra che vuole raggiungere alti traguardi che si priva di un fuoriclasse come quello, mah”.

E quali sono i punti di forza della Spal?

“Direi che è il collettivo. Non ha molti elementi di spicco, ma è organizzata bene, tutti si aiutano l’un con l’altro e nessuno rimane fermo. Hanno anche cominciato ad applicare bene il pressing, che io credo sia l’arma micidiale per rompere il gioco avversario”.

Secondo te, Semplici come dovrebbe impostare la partita per tentare di fare di nuovo bottino pieno all’Olimpico?

“Appunto: fare pressing. E’ ora di finirla di mettersi lì dietro! Più la palla sta vicino alla tua porta più l’avversario ha la possibilità di infilarla. Quindi io dico a Semplici, ma vedrai che lo sa anche lui, attaccare, fare pressing e attaccare. E’ vero che ti puoi essere esposto al contropiede, ma se la assimili bene, i pericoli sono minimi. Abbiamo un esempio, di questa tattica, nella recente prestazione dell’Italia contro la Polonia: una partita perfetta in cui gli azzurri hanno tenuto un possesso palla incredibile, rischiando pochissimo e, alla fine, facendo risultato”.

Nel complesso, tu come la vedi la Spal di oggi, e come ti è sembrata nella partita con l’Inter?

“Guarda, se non abbiamo vinto contro l’Inter, quell’Inter lì, non vinceremo più contro i nerazzurri, perché si sono dimostrati una squadra di una pochezza scandalosa. Non ha più niente dello squadrone di una volta. Peccato per noi, perché era l’occasione per fare un risultato storico. Ecco, vedi la differenza tra una volta e oggi? Noi, quando ci capitava un’occasione così ghiotta per far piangere qualche big, non ce la facevamo scappare”.

Te la senti, in conclusione, di formulare due pronostici, uno per la partita di Roma e uno per la posizione finale di classifica dei biancazzurri?

“Mah, punterei soprattutto sul secondo pronostico, perché il risultato di una sola partita può dipendere da tanti fattori: e l’arbitro, e il caso, e le assenze di qua o di là. Per cui stiamo a guardare. Per quanto riguarda invece la classifica finale, credo decisamente che ci salveremo, perché vedo altre squadre che sono decisamente meno attrezzate della Spal”.

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