di Cecilia Gallotta
Cercare di trovare se stessi in un tempo in cui impera la smania di affermarsi sui social, in cui mostrarsi agli altri è diventato più importante che mostrarsi a se stessi. Ha centrato l’obiettivo Concita De Gregorio, nel senso fotografico del termine, attraverso le interviste a cinque fotografe che hanno dato vita al suo libro, che domanda, e si domanda, ‘Chi sono io?’.
Una tematica complessa che l’ex direttrice de L’Unità, sul palco di Internazionale assieme alle ragazze del Liceo Roiti e ad una Sala Estense gremita di studenti, sviscera attraverso il concetto dell’autoritratto, in cui “si è al contempo autore, soggetto e pubblico, in cui – afferma – ci si mette in gioco tre volte”.
Una nozione ben diversa dal ‘selfie’ dei nativi digitali, in cui la differenza sta proprio nell’affermazione di sé attraverso ciò che vedono gli altri e non attraverso ciò che vediamo noi stessi: “La fotografia è stata il mio analista” ironizza la fotografa Silvia Camporesi, individuando nello scatto l’analogia con lo specchio, e uno “strumento potentissimo di indagine interiore”.
Quella che “dovrebbero avere tanti politici”, s’intende dalle parole di De Gregorio, che delinea il tema della reputazione, “plasmata attraverso ciò che gli altri pensano di noi”. Una constatazione dovuta soprattutto “al mio lavoro – racconta – che mi ha aiutata a mettere a fuoco; mi ha fatta sentire dentro, ma al contempo fuori, in una posizione eccentrica, nel senso di ‘fuori dal centro’”.
La ricerca di equilibrio, uno degli “eterni rovelli dell’essere umano”, è infatti il tema di un autoritratto di Camporesi, realizzato attraverso un montaggio in cui il soggetto, col volto spensierato, sembra inclinato in modo spropositato rispetto alla distesa del parco.
C’è anche una ficcante constatazione nell’ironia di De Gregorio, che ha accompagnato tutto l’incontro, quella che delinea la differenza tra l’archetipo maschile e quello femminile, e risponde alla domanda che le chiede come mai si è dedicata alla fotografia di sole donne: “Io non volevo fare un libro sulle fotografe – rivela – ma ho constatato che quasi tutte le fotografe donne hanno avuto, prima o dopo, un percorso di autoritratto. Mentre gli uomini no. Così mi sono chiesta come mai gli uomini non si guardino. Nel senso interiore ed esteriore del termine. Io poi, che sono sposata con un uomo privo di psiche – sorride – da cui ho avuto figli, tutti maschi, basiti ogni volta che chiedo loro come si sentono, ho cominciato a intervistare solo ragazze…”.
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