Mesola
26 Settembre 2018
I consiglieri di Pd e Lega motivano le opposte posizioni in consiglio in merito al referendum che ha appena ricevuto l'ok dalla Regione

Fusione Goro-Mesola: tra Fabbri e Zappaterra è scontro a tutto campo

di Redazione | 3 min

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Da sinistra: Alan Fabbri, Marco Pettazzoni, Marcella Zappaterra e Paolo Calvano

Sono distanti le posizioni del centrosinistra e del centrodestra in merito alla fusione dei Comuni di Mesola e Goro: nonostante l’assemblea regionale abbia dato il proprio ok al referendum, i gruppi di Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno espresso voto contrario. E tra i due consiglieri Marcella Zappaterra (Pd) e Alan Fabbri (Lega) volano scintille a distanza.

“Il centrodestra con il no all’indizione del referendum per la fusione – afferma  Zappaterra – ha chiaramente tentato di impedire ai cittadini dei due comuni di decidere del loro futuro, nonostante l’istanza fosse stata promossa con voto favorevole nei consigli comunali”. La consigliera è stata anche relatrice del progetto di legge che dà l’opportunità ai cittadini dei due comuni interessati, attraverso un referendum, di istituire un unico Comune con più di 10 mila abitanti e, secondo le stime del Pd, “contributi da 1,95 milioni di euro l’anno per 10 anni”.

“È quindi chiara l’ingerenza delle segreterie regionali dei partiti rispetto alle sincere volontà dei rappresentanti locali – prosegue Zappaterra –, noi invece riteniamo debbano essere le comunità ad esprimersi, qualunque sia l’esito. A differenza della Lega che sostiene solo le fusioni avviate dai suoi sindaci per un interesse elettorale, noi non affrontiamo le fusioni come competizioni politiche perché riteniamo siano le elezioni comunali l’occasione per misurarsi sul governo. Politicizzare il referendum significa far prevalere l’interesse partitico di corto respiro rispetto a quello generale, che non è certo quello di mantenere due comuni quasi senza dipendenti, senza risorse per mantenere i servizi e con il doppio di assessori, consiglieri e organi tecnici (segretari generali, collegi dei revisori, ecc.). Consentire la fusione significa dare l’opportunità di far nascere un comune unico dotato di strumenti veri per affrontare i problemi delle comunità. Le ragioni della fusione trovano fondamento nelle sinergie che i due comuni già da anni hanno costruito e le motivazioni sulle difficoltà della maggioranza in Comune a Mesola non sono sufficienti a giustificare l’arroganza delle minoranze per tentare di bloccare il referendum dall’alto. Anche la polemica sui nomi da proporre per il nuovo Comune è stata strumentale, per questo l’abbiamo rigettata rispettando la legittimità delle procedure, ma sempre stando dalla parte dei cittadini e ampliando le loro possibilità di scelta rispetto ad un nome unico”.

Di tutt’altro avviso Alan Fabbri, che ribadisce “abbiamo detto no al referendum e ribadiamo il no alla fusione. In questo momento manca la stabilità politica per chiamare al voto i cittadini. Inoltre Mesola e Goro sono troppo diversi tra loro per interessi e territorialità. Non siamo stati ascoltati: il Pd impone scelte lontane dalle esigenze dei cittadini. Come avevamo già sostenuto è un errore portare avanti un referendum di questo tipo perchè non ci sono le condizioni istituzionali e politiche per portare al voto i cittadini su un tema così importante”.

Secondo il capogruppo legista, “a Mesola il sindaco non ha più una maggioranza ben delineata quindi il rischio è di arrivare al referendum senza l’amministrazione in carica o di ottenere un risultato e poi vedere il Comune commissariato”. Per Fabbri che aveva chiesto di rinviare la consultazione “da parte del Pd l’atteggiamento è arrogante: dovrebbe ammettere l’errore e rimandare il voto a tempi più consoni”. Anche entrando nel merito della fusione, inoltre, Fabbri è critico. “I cittadini non vogliono la fusione tra questi due Comuni il Pd continua a forzare la mano con scelte lontane dai desideri dei residenti e dalle esigenze reali del territorio”. Goro e Mesola “sono realtà completamente diverse”, aggiunge il consigliere “e a parte la contiguità territoriale non hanno nulla a che vedere tra loro”.  Per Fabbri, infine, anche i nomi proposti per il nuovo ente “non rispecchiano le identità dei due enti e non sono nemmeno stati votati dal consiglio comunale, ma proposti autonomamente dai sindaci”. Tutto questo “è indice di una fretta e di una approssimazione che non andrebbero utilizzate in questa situazione e che non porteranno a buoni risultati”.

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