Eventi e cultura
25 Settembre 2018
L'album d'esordio del batterista ferrarese rappresenta un viaggio all’interno della sua vita

“I’M”, Iarin Munari debutta con un disco molto personale

di Redazione | 2 min

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“I’M” è il primo disco a nome di Iarin Munari, batterista, compositore e produttore di Santa Maria Maddalena ‘adottato’ da Ferrara, che vanta collaborazioni con grandi artisti nazionali ed internazionali della scena pop, funk, soul e jazz: Stadio, Roberto Vecchioni, Paolo Belli, Nomadi, Tony Levin, Larry Ray, Ruggero Robin e Alexia sono solo alcuni degli artisti con cui ha collaborato.

Il lavoro è composto da nove composizioni con un ventaglio di sonorità molto ampio in cui Munari si esprime nella veste di polistrumentista, compositore e arrangiatore. Il disco contiene cinque brani dal sound funk/jazz, nel quale Munari è accompagnato da un ensemble di musicisti di pregio come Alfonso Santimone (pianoforte), Daniele Santimone (chitarra), Nick Muneratti (basso) e con ospiti di altrettanto prestigio come Piero Bittolo Bon (sax contralto, tenore, baritono), Enrico di Stefano (sax contralto) e Antonello Del Sordo (tromba).

Nell’album c’è anche spazio per tre composizioni senza batteria, nelle quali Munari ha suonato chitarre acustiche, classiche, ukulele, pianoforte ed ha arrangiato un quartetto d’archi formato da Andrea Scaramella (violino), Francesco De Santi (violino), Laura Giaretta (viola), Maurizio Galvanelli (violoncello). Completa il tutto “Afrìta” (unione delle parole Africa e Italia), un omaggio al continente Africano dalle sonorità afro/etno/pop, cantato in linguaggio Nigeriano Igbò e con la partecipazione del percussionista Fabrizio Luca.

Come indicato dal titolo stesso, si tratta di un disco molto personale: “L’album rappresenta un viaggio all’interno della mia vita – spiega Munari -. Si parte dall’alba e si arriva al tramonto (“Sunrise” e “Sunset”). In mezzo c’è il vissuto: l’origine di tutto (“Afrìta”), gli addii (“Camilla” e “Towards That Light”) ed i momenti che ti travolgono come una grande onda di un mare impervio (“Fifth Wave”). Ma c’è anche spazio per le memorie felici (“Settimo”, “Chasing Butterflies”), e per i pensieri di speranza identificati nel crepuscolo (“Twilight”): quel momento magico che fa sembrare l’alba e il tramonto la stessa cosa. Ciò che finisce sta in realtà ricominciando. Una meravigliosa espressione della circolarità della vita”.

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