Occhiobello
10 Settembre 2018
Giordani (Popoli in festa): “Al racconto esasperato del nero che fa paura non ci stiamo e non vogliamo cavalcare l’onda”

In 50 marciano per la pace a Santa Maria Maddalena

di Redazione | 3 min

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Santa Maria Maddalena. Si sono ritrovati in una cinquantina, all’incirca, domenica sera a Santa Maria Maddalena per marciare a favore della pace “nel mondo e specialmente nei posti perseguitati dai conflitti” nel corso di un evento inserito nella scaletta della diciottesima edizione della ‘Festa dei popoli’ organizzata dall’associazione ‘Popoli in festa’ insieme alla cooperativa sociale ‘Di tutti i colori’ e con la collaborazione della parrocchia.

A marciare, dopo il canto iniziale — Imagine, di John Lennon, eseguito alla chitarra — raggruppati attorno a una bandiera della pace nel parco dedicato a Luca Lupato, ci sono sia cittadini comuni che esponenti del mondo associazionistico e movimentistico (come Daniele Lugli del movimento nonviolento ferrarese o i membri dell’associazione Amaal che si occupa di pace in medioriente) che del mondo religioso (dal parroco di Santa Maria Maddalena al presidente dell’Ucoi di Bologna Yassine Laframe).

“Abbiamo organizzato questa marcia perché vogliamo sottolineare come le religioni, tutte, abbiano un messaggio di bene e hanno molti punti in comune. Vogliamo partire da quello che ci unisce invocando la pace nel mondo e nelle terre martoriate dalla violenza”, spiega Daria Giordani, presidentessa dell’associazione ‘Popoli in festa’ — “ma non citatemi per nome, questo è il messaggio di tutta l’associazione”, implora — che poi racconta come a Santa Maria Maddalena una preghiera annuale per la pace in realtà si faccia da dodici anni e una vera e propria marcia da tre.

C’è un po’ meno seguito del solito, in questa edizione, “ma crediamo sia anche dettato dalla chiusura del ponte sul Po, il calo non è significativo. Il messaggio che vogliamo far passare però è che anche se cambiano i tempi c’è sempre gente che vuole credere: al racconto esasperato del nero che fa paura non ci stiamo e non vogliamo cavalcare l’onda. Qui ci sono anche i ragazzi seguiti dalla cooperativa sociale e vediamo continuamente episodi di incontro e convivenza”, conclude Giordani.

Sul filone terre martoriate dalla guerra poi ci sarebbe un collegamento forte con l’occidente e l’Europa, che vende armi o chiude gli occhi. È un tema questo che prende di petto Daniele Lugli, che si turna al microfono dell’iniziativa con il parroco Alberto Rimbuno e il suo predecessore don Giuseppe Magliocco che invece a un certo punto ha scelto di intraprendere al strada del sacerdozio missionario in Mozambico ed è venuto a portare la sua esperienza.

“I profughi sono la conseguenza delle guerre attorno a noi, e in un Paese come il nostro che il fenomeno l’ha già affrontato sembra non si capisce che questo è il vero tema. Ai tempi della costruzione europea, quando si veniva da due guerre mondiali, l’idea era quella di lasciarsele alle spalle per sempre. Lo stesso Onu è stato fondato su questo principio, quello di evitare alle future generazioni questo flagello. Forse all’epoca erano più vicine, anche se ora e il Papa l’ha detto chiaramente che questa ‘è la terza guerra mondiale combattuta a pezzi’.

Dobbiamo ricordarci che l’Europa è vista come il luogo dei diritti e della libertà, se non prevalgono l’egoismo e la sudditanza ai poteri economici, ma questi non resistono un secondo se non sappiamo fare fronte ai doveri inderogabili di solidarietà, e ora manca clamorosamente”, ha spiegato Lugli per il quale “anche questi momenti servono a dare il senso della solidarietà”.

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