Attualità
22 Agosto 2018
Lo scrittore ferrarese Giacomo Battara era a Praga la notte dell'invasione delle forze sovietiche: "Infranto il sogno di un socialismo dal volto umano"

Una testimonianza a 50 anni dalla Primavera di Praga

di Redazione | 2 min

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Giacomo Battara

Un sogno infranto, quello di un socialismo dal volto umano. C’erano anche due ferraresi a Praga, esattamente 50 anni fa, quando nella notte tra il 20 e 21 agosto 1968 la stagione delle riforme avviata dalla cosiddetta Primavera di Praga venne interrotta bruscamente dall’invasione del Patto di Varsavia guidato dalle forze sovietiche. Due giovani che in qualche modo furono testimoni di quella repressione che pose fine al periodo storico di liberalizzazione avviato dai comunisti cecoslovacchi di Alexander Dubček.

Quei giovani erano Giacomo Battara, scrittore ferrarese all’epoca poco più che diciannovenne, e Luciano Roffi, figlio del noto senatore ferrarese scomparso nel ’95. “50 anni or sono – scrive oggi Battara sul suo profilo Facebook – i carri armati russi entrarono in Cecoslovacchia e annientarono il sogno di un “socialismo dal volto umano”. Jan Palash per protesta si bruciò è io non posso dimenticare”.

E’ proprio Giacomo Battara, che oggi si divide tra Ferrara e la sua nuova residenza in Alto Adige a Racines, a ricordare a Estense.com il viaggio intrapreso in giovane età in Cecoslovacchia per toccare con mano quel sogno. “Con l’amico Luciano Roffi – spiega – siamo andati fino a Praga facendo l’autostop. E’ stato un lungo viaggio, poi una volta arrivati io e lui ci siamo persi di vista”. “Così – continua Battara – mi sono ritrovato a camminare per le strade di Praga quando, a un certo punto, sono stato fermato da una camionetta di popliziotti che mi hanno puntato il mitra. Mi hanno chiesto il passaporto, che avevo in regola e che ho mostrato, ma loro mi hanno voluto comunque accompagnare fuori dal Paese, verso il confine con l’Austria. Lungo il tragitto, era notte, ho visto passare, con mio grande sconcerto, una lunghissima fila di carri armati e mezzi militari che si dirigevano verso Praga. Poi a Vienna ho letto sui giornali dell’invasione”.

“Un grande sogno infranto”, commenta Battara con un misto di rammarico e delusione. E l’amico Roffi? “Di lui – riferisce – non ho saputo nulla fino a quando qualche giorno dopo è venuto a suonare alla mia porta, addirittura rimproverandomi nel chiedermi dov’ero finito io. Diversamente da quanto mi era accaduto, Luciano non era stato fermato, ma era comunque uscito dal Paese e tornato in Italia in treno”.

Una piccola storia che si inserisce nella grande storia, che narra di come dopo l’occupazione si verificò in Cecoslovacchia un’ondata di emigrazione, stimata in 70.000 persone nell’immediato e di 300.000 in totale.

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