Attualità
12 Agosto 2018
La figlia Rita e gli amici di sempre intonano "Al Condominio" per un toccante tributo al re del dialetto

L’addio di Ferrara ad Alfio Finetti tra commozione e musica

di Redazione | 2 min

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Lacrime e sorrisi per l’ultimo saluto ad Alfio Finetti. Un addio commovente che non poteva che essere accompagnato dalla musica. La figlia Rita e gli amici di sempre si sono uniti nel dolore e hanno ricordato il re del dialetto ferrarese, scomparso mercoledì 8 agosto all’età di 84 anni, con la sua canzone più famosa: Al Condominio.

Una dedica che ha toccato nel profondo gli amici, i musicisti e tutti i ferraresi che sono cresciuti con le sue indimenticabili canzonette e barzellette. La folla si è radunata alle 9 di sabato nella sala del commiato della Certosa per partecipare al funerale del popolare cantautore, chiuso sulle note de “Al Condominio” cantato dalla figlia Rita che ha trovato la forza di rendere omaggio al suo grande papà, padre anche del patrimonio dialettale estense.

La hit che ha accompagnato l’ultimo viaggio di Alfio è stata condotta dalle chitarre di Andrea Sax Poltronieri, Sergio Finessi, Giancarlo Caleffi e Stefano Duo, componenti del gruppo “I contributi di Alfio”, nato proprio per mantenere intatto il folto repertorio del cantautore più emblematico del territorio ferrarese degli ultimi 40 anni. Tributi sempre amati e seguiti da generazioni di ferraresi che si sono sentiti rappresentare dai suoi testi ironici, semplici e immortali.

Alla toccante cerimonia hanno preso parte, tra gli altri, Marco Chiarini, Maurizio Musacchi e Stefano Bottoni, direttore del Ferrara Buskers Festival, apprezzato dallo stesso Finetti per aver portato i musicisti di strada nella sua città. Non si sono intravisti i rappresentanti dell’amministrazione comunale: un’assenza che si è fatta sentire tra i banchi della sala durante la funzione.

La profonda omelia celebrata dal sacerdote della Certosa non si è concentrata tanto sul senso della dipartita quanto sulla gioia contagiosa di un personaggio vivace che era sempre in grado di dispensare sorrisi fino al ricovero in una casa di cura, dove si è spento lasciando Ferrara orfana di un pezzo di storia culturale. Ma, come diceva il maestro in “Turnar a Cupar”, al treno d’la vita an guarda nisun.

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