Attualità
26 Luglio 2018
Sul palco, per la presentazione del libro ‘Federico’, anche Patrizia Moretti e Ilaria Cucchi

Aldrovandi. Anselmo: “Sui diritti umani non si può mediare”

di Redazione | 5 min

Leggi anche

Bancarotta fiscale. Stangate per due ferraresi

Due ferraresi, una donna di 46 anni e un uomo di 55 anni, rispettivamente amministratore di diritto e di fatto di una società fallita con sede nell'Alto Ferrarese, sono stati condannati a 6 anni e 4 anni e 4 mesi dal tribunale di Ferrara con l'accusa di bancarotta fiscale

(foto di Alessandro Castaldi)

di Mattia Vallieri

“Io penso che considerare principi della società come i diritti umani passibili di mediazione è un grande errore: diritti umani e mediazione sono un ossimoro. Non può esistere un futuro migliore per i nostri figli se non rispettiamo i diritti umani”. È perentorio il parere espresso dall’avvocato Fabio Anselmo sul tema dei diritti umani durante la presentazione del suo libro ‘Federico’: un appuntamento inserito all’interno del cartello della rassegna Autori a corte.

Lo stesso Anselmo, sollecitato dalle domande del direttore di estense.com Marco Zavagli, non lesina contrarietà a proposito della normativa in materia di tortura approvata la scorsa legislatura: “La legge sul reato di tortura è un compromesso e noi, insieme al procuratore di Genova Zucca, abbiamo avvertito che era meglio non avere nulla piuttosto che questa. In Europa sono molto più avanti di noi mentre in Italia ci abbiamo messo 40 anni per fare una legge e la abbiamo fatta male. Questa legge non mi avrebbe aiutato durante i processi ma ostacolato”. Anche sulla questione della morte di Federico Aldrovandi l’avvocato Anselmo, rispondendo ad una domanda di Zavagli, è tranchant: “Per me la morte di Federico non è omicidio colposo (il processo definitivo si chiuderà con questa pronuncia del tribunale per i quattro agenti coinvolti ndr). Siamo di fronte ad un episodio che ha visto quattro poliziotti, secondo la deposizione della Tsagueu, continuare ad accanirsi su un ragazzo che ormai era ammanettato e non poteva nuocere. Non c’era più bisogno a quel punto dell’intervento delle forze dell’ordine e siamo di fronte semmai a un omicidio preterintenzionale”.

Ad aprire la serata è Patrizia Moretti, mamma di Federico che, con la voce rotta dalla commozione, ha voluto omaggiare l’azione di Anselmo: “Voglio ringraziare Fabio qua nella mia città perché grazie al suo impegno Federico ha ricevuto giustizia. C’è stato un momento in cui la voce di Federico è stata la sua voce e senza il suo impegno nessuno avrebbe saputo nulla, sarebbe stata una storia nascosta. Ringrazio Fabio perché continua ad essere la voce di Federico, io non riesco a gestire la morte di mio figlio e ringrazio chi parla per lui”.

Parole, quelle di Moretti, che inorgogliscono Anselmo che ritorna sul primo incontro con la famiglia Aldrovandi: “E’ un momento particolarmente toccante e di grande responsabilità sentire la madre di un ragazzo morto dire sei la voce di mio figlio. Il 26 Settembre 2005, quasi 24 ore dopo la morte di Federico, vengo chiamato dallo studio per un caso di malasanità, un argomento difficile per me perché ho dovuto affrontarlo personalmente, su un ragazzo di 18 anni. Mi sono accorto subito che quello di Federico non era un caso di malasanità”.

Nel caso di Aldrovandi, così come in quelli di Cucchi e altre vittime, si è assistito – riflette Zavagli – al tentativo di creare una “seconda identità da dare in pasto all’opinione pubblica: è così che Federico è diventato un drogato, Stefano Cucchi un tossico…”. “La seconda identità è impossibile da superare anche adesso che abbiamo le sentenze definitive ed ho deciso di scrivere ‘Federico’ per restituire dignità umana ad un ragazzo” risponde l’autore, riconoscendo il suo lavoro come “un libro di vita vissuta, relazioni interpersonali, paure, proteste e strappi istituzionali. Voglio ricordare che Federico era incensurato, non aveva fatto nulla di male ed era disarmato, perde la vita durante un fermo di polizia. È una morte imbarazzante per una parte delle istituzioni ed è sconfortante vedere qualcosa che non conoscevo, come il negazionismo ed il depistaggio, o le prese di posizioni del procuratore e del questore”.

Secondo l’avvocato “la morte di Federico fa capire che tutti possono sbagliare e nessuno, neanche chi indossa una divisa, può rimanere impunito. Si veniva dal G8 di Genova dove c’è stata la propaganda che aveva fatto presa con le immagini dei black bloc e della città distrutta ma era molto più difficile trovare una giustificazione alla morte di Federico. Oggi un caso Aldrovandi non so se lo rifarei ma ho l’orgoglio di aver restituito a Federico una dignità vera che gli è stata tolta sia con la morte che dopo”.

L’attenzione si sposta sulla questione del processo mediatico con Zavagli che ricorda come “i sindacati di polizia raccolsero 223 firme, quasi la totalità dei poliziotti della questura, a sostegno dei loro colleghi sotto processo”, ed Anselmo che replica netto: “Io i processi mediatici li faccio perché senza l’aiuto dei media non andiamo da nessuna parte. Le istituzioni dello Stato italiano processano molto mal volentieri se stessi e le vittime di giustizia, di fronte alla sordità delle istituzioni, non hanno molti altri strumenti se non attirare l’attenzione dell’opinione pubblica”.

“Lo Stato crede che ogni tanto un po’ di violenza in più rispetto all’ottimo codice Rocco serva ed arriviamo addirittura a vedere qualcuno che dice che il reato di tortura lega le mani alle forze dell’ordine come se gli agenti operassero su questo” tuona l’avvocato, domandandosi in modo ironico “cosa c’è di discutibile nella negatività e disumanità del concetto di tortura?”.

E ancora: “Prima ci confrontiamo con negazionisti e ora si sostiene sia necessaria la tortura. Non so se questa città e questo paese sono cresciuti dalla vicenda Aldrovandi, preferisco non pormi il problema, ma noi abbiamo bisogno di recuperare l’umanità delle vittime ed il nocciolo del significato della vita di una persona. Smettiamola di parlare di bandiere, targhe e cose che dividono ed iniziamo a guardare le vittime ed il loro dolore: una vita umana non può essere sacrificata sull’altare di interessi collettivi e non c’è niente di più anti democratico, incivile e sbagliato di questo”.

A chiudere l’incontro è Ilaria Cucchi presente tra il pubblico: “Nella nostra battaglia di civiltà e giustizia non posso che ricordare che tutto è nato qua, nella vostra bellissima città con la morte di un ragazzo di 18 anni. Dopo aver visto mio fratello Stefano ridotto così ho pensato subito a Federico di cui avevo letto la storia. Purtroppo ancora oggi c’è bisogno di eroi come Fabio”.

Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com