Attualità
8 Luglio 2018
Agli Edays dibattito su un "diritto che avvicina culture, religioni e tradizioni"

Emergency ed Avis insieme per il “sangue sicuro nel mondo”

di Redazione | 5 min

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Prosegue la collaborazione e la vicinanza di progetto e visione di Emergency ed Avis. Così, dopo l’appuntamento dello scorso anno, l’evento organizzato dalle due associazioni si ripete anche in questa nona edizione degli Emergency Days (nell’incontro ‘Il dono del sangue: un diritto che avvicina culture, religioni, tradizioni in Italia e nel mondo’): un dibattito sulla “necessità di avere una raccolta e distribuzione di sangue sicuro e gratuito in tutto il mondo”, un concetto che “va oltre alle diverse appartenenze”.

“Parlare di dono del sangue e di salute nel mondo non è uguale nel mondo e concepire la donazione come attività volontaria e gratuita significa garantire un diritto per tutti” introduce Annamaria Fantauzzi (docente e presidente della onlus Prati-care), che racconta poi la storia drammatica di “donne che nel viaggio per l’Italia sul barcone vengono violentate più volte con il figlio che viene tenuto fermo e se prova a divincolarsi viene affogato. Una di queste donne ancora sanguinante, quando è scesa, è venuta da me e mi ha chiesto ‘tu ti sentiresti ancora donna?’. Che valore ha la vita in questo caso?”. Secondo Fantauzzi “non c’è per tutti la stessa possibilità di accedere alle strutture sanitarie e questo porta, anche in Italia, discriminazioni ed incomprensioni che si accompagnano a paure e xenofobie. Non si tiene conto della vita delle persone. A me l’Africa ha insegnato tantissimo: lì c’è una dignitosa dignità del rispetto della salute nonostante la grande povertà”.

La parola passa quindi all’ex presidente nazionale di Avis Andrea Tieghi che riporta i casi positivi della comunità italiana in sud America sulla questione della donazione di sangue: “Noi come Avis facciamo parte di una organizzazione internazionale che raggruppa le singole associazioni nazionali dei donatori di sangue (la Fiods). Dobbiamo dare al nostro paese e agli altri la spinta con una prospettiva di miglioramento della qualità della vita di tutti gli esseri umani. Avis in questo momento sta portando avanti una collaborazione con le associazioni di volontariato in Marocco, Algeria e Tunisia oltre che con l’est d’Europa: dobbiamo crescere tutti assieme”. Dello stesso parere anche il presidente provinciale di Avis Davide Brugna: “Il modello italiano è fatto di volontarietà e gratuità ma è un sistema italiano e non mondiale. Dobbiamo lavorare per superare l’aspetto remunerativo ed emergenziale della donazione di sangue come succede in troppe parti del mondo”.

“Le priorità di Emergency sulla donazione, raccolta e distribuzione di sangue sono la gratuità, l’elevato standard qualitativo in linea con i protocolli internazionali, il supporto al sistema nazionale, la formazione del personale locale e la garanzia di sacchi per i trattamenti salva vita” afferma Maja Marchini (supervisor del laboratorio di Emergency nei centri in Repubblica Centrafricana e in Sudan), ribadendo con orgoglio che “a Bangui grazie al nostro intervento siamo passati dai 6 mila sacchi del 2014 ai quasi 18 mila del 2017 che sono però ancora insufficienti ad esempio durante la malaria. Ci sono più di 20 ospedali, tra cui il nostro Centre Pediatrique, che hanno accesso alle sacche di sangue. Emergency ha portato il valore della gratuità della donazione ed il controllo sulla sicurezza del sangue”. E ancora: “In Sudan c’è una grande solidarietà su tutto, figuriamoci sul sangue. A Bangui invece siamo più indietro e speriamo che i volontari locali riescano a sensibilizzare i propri connazionali perché di noi si fidano poco”.

Da poco tornato da Bangui, dove è stato responsabile amministrativo del centro pediatrico per Emergency, è il volontario ferrarese Alessandro Mazzini che fa ascoltare al pubblico un messaggio audio in cui si sentono poco distanti degli spari: “La Repubblica Centrafricana è uno dei paesi più poveri al mondo, il penultimo per sviluppo umano, ma di cui si sente parlare poco perché ci fa comodo non vedere quello che succede. E’ stata una ex colonia francese, un paese poverissimo ma con grandi ricchezze naturali che vengono sfruttate e portate fuori: è una sorta di colonialismo che prosegue. Quelli che sentite in questo audio sono gli spari di un gruppo di ribelli che hanno provato a rovesciare il governo”. Ma non solo: “Ripensiamo alla percezione di quello che succede: se una cosa ci interessa diventa subito fatto di cronaca, altrimenti ce la lasciamo alla spalle dall’altra parte del Mediterraneo – dichiara Mazzini mostrando una immagine di una bambina gravemente ferita -. Questa bambina ha 11 anni ed è stata ferita da un proiettile in testa e per guarire ha avuto bisogno di due donazioni di sangue”.

Successivamente, dopo un collegamento con due operatori a Bangui, Mazzini descrive le caratteristiche della donazione di sangue in Repubblica Centrafricana: “Anche lì c’è una associazione che sensibilizza alla donazione e fa parte del sistema Fiods, per cui c’è possibilità di collaborare. Non è grande come Avis, è ancora agli albori, ma ha come obiettivo la sensibilizzazione del territorio e grazie alle sue attività la donazione è aumentata”.

Il finale è tutto dedicato alla situazione ferrarese: “C’è la possibilità – chiosa Brugna – di esportare il nostro modello positivo, sta a noi portarlo avanti. L’Avis comunale sta diffondendo nelle comunità islamica ed ortodossa di Ferrara una importante attività di collaborazione”. Un progetto su cui, dichiara il rappresentante della comunità islamica Fuad Debdoubi, “noi vogliamo fare la nostra parte e salvaguardare la salute di tutta la comunità. Ci siamo messi in gioco perché c’è la necessità di essere in prima fila”. All’unisono le conclusioni di Anapetre della comunità rumena ortodossa: “Vogliamo essere protagonisti e partecipi per dare un aiuto. Donare il sangue è un gesto concreto di solidarietà e sostiene la tutela della vita”.

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