La recente approvazione del progetto di ristrutturazione della piazza municipale di S.Agostino ,affidata ad un quanto mai improbabile concorso di idee “Less Is more” si pone in paradossale continuità con un modello urbanistico assolutamente confuso, e in definitiva brutto, che il paese e le sue amministrazioni non sono mai riuscite a definire dal secondo dopoguerra.
Sant’Agostino ha sviluppato il proprio abitato sull’alveo del vecchio Reno abbandonato. In questo assetto, fatto di argini vecchi e nuovi, di salite e di discese, si è accresciuta la prima struttura urbana con i caratteristici quartieri: il “Galletto”, la “Piazza di sopra”, la “gèra”, le ville padronali delle antiche famiglie abbienti.
Le maestranze artigianali crearono poi quelle proto-industrie che diventarono veri imperi economici a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
Questa classe imprenditoriale tuttavia non ha influenzato lo sviluppo urbano di S.Agostino (come avvenne per altri esempi di “paternalismo industriale” del nord Italia: Schio, Crespi d’Adda, Valdagno), con la creazione di veri e propri “villaggi operai” che poi divennero parte della struttura urbana del luogo , e di fatto ha lasciato l’assetto urbanistico con profonde lacune: una trafficata strada statale che taglia in due l’abitato, una collocazione degli esercizi commerciali disorganica, un assetto viario insufficiente ancora basato sui corsi dei vecchi argini, una presenza di ampie depressioni non colmate del vecchio alveo del Reno.
Il panorama si è conservato immutato fino alla fine della seconda guerra mondiale. Con la ricostruzione urbana partita dagli anni Cinquanta, lo sviluppo ha seguito linee abbastanza deregolamentate, sia negli stili delle singole abitazioni, sia nella creazione di nuovi quartieri.
Vi è un senso di frammentazione, di mancanza di omogeneità e di ordine che si percepisce percorrendo le vie del paese, e che trova il suo culmine nelle urbanizzazioni degli anni Ottanta, Novanta e Duemila, dove il classico paradigma costruttivo diviso tra “condomini” e “villette” si trasforma in un carosello dalle forme più disparate: villaggetti, schiere di casette orizzontali, verticali, case basse poste a fianco di alti palazzoni.
Nell’assetto viario, la vaghezza più totale: la mancanza un chiaro asse decentrato rispetto alla ex-statale, che potesse dar luogo ad uno sviluppo razionale dell’unica zona espandibile del paese (verso il bosco Panfilia), una collocazione confusa di piccoli slarghi, parcheggini, parchetti, ora a fondo cieco, ora aperti, ora non collegati; una gerarchia delle vie assente.
Un barlume di gradimento architettonico rimane in qualche struttura storica, in qualche scorcio, dove però l’evidenza dell’abbandono, dei ciuffi d’erba sui marciapiedi, dell’intonaco cadente e delle finestre chiuse già dichiara ampiamente lo stato di quelle che furono botteghe, osterie, negozi chiusi da decenni.
Un paese in cui, con tutta evidenza, è sempre mancato il senso per la bellezza urbanistica (in questo gli abitati di San Carlo e Dosso, ex frazioni, non rappresentano certo delle eccezioni..) e dove le decisioni sull’accostamento di stili manifestano più di una perplessità. Basta guardare la recente Piazza Pertini per chiedersi quali fattori comuni possano avere le linee del manufatto in pietra a vista erede della prima sede parrocchiale, e della classica Villa Rabboni, con il complesso condominiale che costeggia la piazza stessa. Eppure queste tre opere sono state condotte dalla stessa amministrazione comunale. Eclettismo , o.. confusione?
D’altra parte, quel ceto sant’agostinese (ormai residuo), fatto di imprenditori, professionisti, famiglie abbienti, che ha sempre, direttamente o indirettamente, condizionato molte decisioni politiche negli anni della trasformazione urbana e del successo economico, quale contributo “civico” ha fornito, nell’indirizzare uno sviluppo urbano verso un modello valido per il futuro, evitando che si piegasse in “mille curve” per accontentare i desiderata di proprietari e costruttori? Poco o nulla… esprimersi può sempre ledere gli interessi personali.
Da ultimo la “rivoluzionaria” ristrutturazione di piazza post-sisma 2012 finanziata dal progetto “Less Is More”, in cui qualsiasi traccia dei pochi retaggi storici rimasti nel nucleo del paese verrà cancellata da visionarie prospettive di architetti, che della storia di S.Agostino conoscono forse qualche decina di vecchie immagini tratte da cartoline storiche.
Ai sant’agostinesi, comunque, la bellezza urbana ha sempre interessato per quello che va dalla propria porta fino al limitare del proprio cancelletto di strada, quindi nessuna meraviglia.
Riccardo Galli