Lettere al Direttore
19 Aprile 2018

Bollettino della baldoria

di Redazione | 3 min

L’apertura dell’elegante sede di Ermitage Italia in Corso Giovecca ebbe grande risonanza. Purtroppo, Ermitage si accorse che l’abitare stanze vuote non serve a nulla e se ne andò. Poco male: con l’incendio del Castello e il Buskers Festival la proposta intellettuale fissa cittadina resta sempre di alto livello.

Comunque non si può negare l’imperituro momentaneo successo della nomenclatura ferrarese volata in Russia nei panni da mecenate. Formidabili quei panni.

L’organizzazione chiamata Comune di Ferrara è un’azienda di servizi pubblici.

Che servizi fornisce? Teoricamente, quelli graditi ai cittadini che, volenti o nolenti, crisi o non crisi, mantengono la ditta sborsando cinquanta milioni di € all’anno solo per stipendi e spese generali, più tutto il resto, smargiassate da derivati comprese. Ma di fatto elargisce solo costosi disservizi, fra cui il narcisismo del sindaco (13 addetti al suo gabinetto), versione plebea di vita monarchica. Perché le attività necessarie non sono più comunali, tutte delegate o cedute ad aziende esterne. I Vigili del Fuoco grazie al Cielo non sono comunali, sennò ogni uscita di autopompe siglate Hera costerebbe l’iradiddio.

L’efficienza del Comune risulta inferiore anche a quella della FAO le cui spese servono a mantenere lautamente se stessa, lasciando le briciole alla fame del mondo. Ma se l’esistenza della FAO è giustificata da un’umanità senza cibo sufficiente, altrettanta giustificazione non si può addurre per l’esistenza del Comune sgravatosi dal fornire direttamente i servizi ai cittadini.

Perciò, seguitando a votare alle amministrative si tiene in vita un simulacro di istituzione privo di significato. Elettorato: somatizzazione collettiva da Sindrome di Stoccolma.

Come dimenticare l’impoverente cessione della nostra rete gas, pregiato e raro possesso comunale in Italia, grazie al quale il monopolio dato dal Comune ad affaristi amici equivale alla scelta di un padre di famiglia di consegnare al rigattiere un vecchio Stradivari? (Perché di moda la chitarra elettrica.)

E la rete d’acqua potabile alimentata dal Po contenente milioni di sostanze chimiche disciolte, alla mercé di una società di capitali che non si smuoverà di una virgola dal minimo di legge? Distribuisce acqua filtrata per le decine dei soliti inquinanti elencati, e nulla più. Anche se sul bacino del Po dovesse piovere DDT per mesi. E pensare che fanno pure la birra, qui, con quest’acqua “potabile”.

Gli eletti alla guida comunale ferrarese degli ultimi 30 anni, del tutto immuni dagli inconvenienti della cultura, corrispondono a chi destina permanentemente a maggese l’intero territorio assicurandosi una cronica povertà da sottosviluppo. Per raffigurare in un quadro tale palingenesi basterebbe qualche grossa pennellata in bianco e nero. Ma non ce n’è bisogno: questa viene continuamente riproposta sui muri della città con le bombolette spray. La raffinata Ferrara si esprime così.

E i resti di quello che fu un libero Comune discendono in disordine e senza speranza esistenziale l’abisso infernale della inutilità eletta a paradigma. Lasciando innumerevoli macerie civiche e morali in cui ogni nuova forma di banditismo potrà annidarsi.

Paolo Giardini

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