Economia e Lavoro
17 Marzo 2018
In Italia rappresenta il 5% della produzione agricola, ma si tratta di un settore in difficoltà, con i produttori del Nord che chiedono un sistema di incentivi più incisivo e strutturato

Cia Ferrara: per la floricoltura servono più sostegno e investimenti

di Redazione | 3 min

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Forte concorrenza, mancanza di incentivi e una filiera che penalizza la produzione. Cia – Agricoltori Italiani Ferrara fa il punto sul settore florovivaistico che in Italia, secondo l’Istat, vale 2,6 miliardi di euro – il 5% della produzione agricola – e coinvolge 14.000 imprese che producono fiori e piante in vaso e 7.500 destinate alla produzione di alberi e arbusti. L’Emilia-Romagna, con una Plv di circa 15 milioni di euro, è lontana dai livelli produttivi di una regione vocata come la Liguria, ma fa parte di un’area produttiva del Nord che sta vivendo una fase difficile, alternata a lievi segnali di ripresa.

“Non sono tutte rose e fiori”, dunque, come spiega Michele Boarini, produttore ferrarese di Cia Ferrara, che dal suo impianto di 15.000 mq a Voghiera produce ed esporta piante ornamentali in vaso.

«Ho aperto l’azienda vent’anni fa – spiega Boarini – continuando l’attività di famiglia, grazie ai contributi concessi al settore florovivaistico. In questo lasso di tempo siamo cresciuti, abbiamo differenziato l’offerta, grazie a un buon assortimento varietale e prodotti di nicchia, e cercato di produrre in maniera sostenibile. Abbiamo installato, infatti, un impianto fotovoltaico di 600 mq e una centrale termica alimentata a cippato di pioppo. Utilizziamo, inoltre, l’acqua piovana per l’irrigazione – che viene raccolta in un lago artificiale e disinfettata biologicamente – e un sistema di controllo computerizzato della climatizzazione per la prevenzione “naturale” delle malattie fungine. Investimenti ingenti che non sono stati ripagati: i bilanci sono in pareggio, la manodopera è onerosa e stiamo subendo una forte concorrenza sia dai paesi produttori esteri, che dalle regioni del Sud Italia dove i Psr (Piani di Sviluppo Rurale) hanno favorito il settore e la piaga del lavoro nero abbassa i costi di produzione.

Una situazione comune a molte aziende, nonostante l’Italia sia il secondo paese per la produzione floricola dopo l’Olanda. «Gli sbocchi commerciali abituali sono Gdo, Garden center e negozi di fiori al dettaglio, ma queste filiere sono poco “virtuose” perché penalizzano i produttori. Nel 2017 abbiamo acquistato un Garden nel bolognese, un sistema distributivo più redditizio perché c’è una gestione diretta dell’offerta e la filiera è cortissima. Ma non tutte le aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, possono permettersi di farlo. Quello della floricoltura è un problema strutturale e per risolverlo servirebbe un sistema di incentivazione serio, che consenta di fare reddito e innovazione. Anche il Bonus Verde – una detrazione fiscale del 36% per la sistemazione del verde privato e storico, fino a un massimo di 5000 euro – è una buona misura, che si spera possa avere un impatto economico, ma la sua dimensione è troppo limitata. Certo – conclude Boarini – meglio di niente, soprattutto perché può aiutare a combattere l’evasione fiscale, ma ho dei dubbi sul fatto che possa far ripartire, da sola, il settore florovivaistico».

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