Attualità
23 Febbraio 2018
Sala gremita al Teatro Comunale per la lectio sulla collezione Cavallini-Sgarbi. Non mancano gli aneddoti di Franceschini

Sgarbi: “Non vorrei essere altro che ferrarese”

di Redazione | 3 min

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“L’odio che provo per questa città si traduce in amore tradito o non corrisposto; tuttavia Ferrara per me è come una Pompei immobile, dove ritrovo sempre le stesse persone che fanno sempre le stesse cose, è una città metafisica, sublime. E guardando la mia collezione, non vorrei essere altro che essere ferrarese, e guardare la riva del Po”.

La verve di Sgarbi giovedì sera si è impadronita del Teatro Comunale, che oltre a lui ha ospitato la sorella Elisabetta, il ministro Dario Franceschini, il sindaco Tagliani e una sala gremita fino all’ultimo ordine. La lectio prevista per la serata, dedicata alla Collezione Cavallini Sgarbi, in mostra da quasi un mese presso le sale del Castello, è stata seconda ai gustosi aneddoti che hanno introdotto la serata, non di meno quello di Franceschini, definito da Elisabetta “il miglior ministro degli ultimi anni”, in una “palese campagna elettorale” secondo Vittorio.

Ma la passione per l’arte sembra unire ogni divario, “come quella notte di Capodanno – racconta il ministro della cultura – che andammo a casa Sgarbi, e Vittorio, arrivato ben oltre la mezzanotte, si mise a raccontarci di tutte le opere che invadevano in ogni centimetro la casa, ammaliandoci e ubriacandoci di parole, finchè entrammo in una stanza, e con imbarazzo vedemmo il padre che dormiva già da qualche ora. ‘Non preoccupatevi, mio padre è abituato’, fece Vittorio. ‘Sì, entrate’, disse Nino da sotto le coperte. ‘ I quadri meritano’”.

L’ironia non ha abbandonato la sala neanche davanti alla proiezione dei 130 capolavori che “hanno aggiunto qualcosa alla città – come afferma il sindaco Tagliani – creando un’occasione che mette a confronto l’arte padana”. E’ difatti un dialogo fra epoche e artisti del territorio quello che la collezione offre, dalla strada verso il realismo di Caravaggio spianata da Bartolomeo Passerotti, ai nudi di Cagnacci, passando per il “gigante” Bastianino, “interprete di una condizione che sembra ricalcare Ferrara, quella di sparire lentamente nella nebbia”.

Uno scrigno di tesori unito dalla “ricerca di quello che non c’è”, tipica del collezionista: “Nulla è più introvabile di un’opera di Niccolò dell’Arca”, afferma Sgarbi compiaciuto di vantarne ben due nella sua collezione. E tra un’opera vinta all’asta “in cui cadde il telefono ad uno dei competitors”, e “il Guercino battuto da mia madre a Fort Worth”, c’è anche il ritratto di Aurelia Savonuzzi, che ispirò a Bassani il volto di Micol ne ‘Il Giardino dei Finzi Contini’.

Il legame che unisce la famiglia Sgarbi alla città estense è dunque parte fondante della mostra, a tal punto che “quando entro nella stanza dei Previati e dei Mentessi mi sembra di entrare nella mia camera da letto”, ammette Elisabetta. E’ un po’ come scrivere un’autobiografia e rileggerla. Ed è un po’ come se, assieme ai quadri, parlassero di nuovo anche mio padre e mia madre”.

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