Politica
23 Febbraio 2018
Vivace dibattito tra i candidati alla Camera al cinema San Benedetto davanti a una platea di centinaia di giovani

Fra i 18enni al voto fanno breccia Lega e M5S

di Redazione | 5 min

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Alice e Marina Tagliatti, due sorelle poco più che maggiorenni sedute una di fianco all’altra nella prima fila dedicata ai giovani che si affacciano alla prima esperienza di voto, sono affascinate — ma non completamente d’accordo — da Vittorio Ferraresi del Movimento 5 Stelle e dalla sua capacità di ‘far arrivare il messaggio’. Non disdegnano nemmeno la candidata del centrodestra Maura Tomasi, principalmente per un passaggio nel quale ha citato il bisogno di sicurezza per le donne da avvocatessa qual è, mentre a fine serata altri colleghi e colleghe si interrogano collettivamente sul passaggio in cui ha ribadito la necessità che in Europa si dica ‘prima gli italiani’. “Non è completamente arrivato”, secondo loro, il messaggio di Irene Bregola di Liberi e Uguali che, a loro parziale discolpa, ha usato per tutta sera un linguaggio più accademico e più alto. Viene poi notata l’esperienza di Dario Franceschini, che ne fa sfoggio per tutto il dibattito, dicono che non ci sono stati temi non trattati o grandi insoddisfazioni nella loro esposizione, almeno che possano venire loro in mente a botta calda subito dopo lo scontro dialettico tra i candidati organizzato per mercoledì sera dall’Acli.

Basterebbe questo per descrivere come sia andato il dibattito che si è tenuto nel cinema San Benedetto, dove i concorrenti alle elezioni per l’uninominale alla Camera — con l’unica eccezione di Marco Falciano, sostituito per l’appunto da Ferraresi — si sono dati battaglia per due ore in una sala completamente riempita da centinaia e centinaia di persone, forse anche mezzo migliaio, che trovano posto tra i sedili, per terra nei corridoi laterali, in piedi in fondo e appoggiati ai muri esterni. Le regole dell’incontro, moderato dal giornalista Giorgio Tonelli e pensato per un pubblico principalmente giovanile e in qualche modo ancora un po’ estraneo alla politica, non permettono però scambi degni di particolare nota, rivelazioni o promesse nuove a coloro che anche solo saltuariamente e distrattamente hanno cognizione dei programmi elettorali e dei candidati: otto domande sui temi più disparati, tre minuti a testa in un ordine che cambia continuamente e nessuna replica se non negli appelli finali al voto. È un ottimo servizio pubblico, ma dal punto di vista politico, finisce in un gioco delle parti: Franceschini fa sfoggio dell’esperienza acquisita e la usa camminando talvolta sulla linea sottile dell’arroganza senza però superarla aggressivamente e ne esce abbastanza bene, Ferraresi punta sulla pulizia del Movimento e ogni volta che può punta sulla carta della pubblicità comparativa, Tomasi sfrutta i fattori sicurezza e sovranismo mostrando i denti su migranti ed Europa e rimane l’unica a citare il caso Carife, Bregola si dice europeista e a favore di un taglio delle spese militari e di una decarbonizzazione dei processi non solo industriali oltre a spingere sulle disuguaglianze da rimuovere nella società odierna.

Da segnalare, comunque, rimane che si dicono tutti favorevoli a un taglio delle tasse in qualche modo: con un “fisco più equo che riveda le aliquote Irpef abassando il primo scaglione e rimodulando gli altri, unificando assegni familiari e detrazioni, un’imposta progressiva sui prelievi relativi ai patrimoni e una web-tax oltre a un fondo unico sul welfare che sostituisca l’Irap” la Bregola, eliminando l’austerità “con una riduzione del cuneo fiscale e dell’Irap per dare ossigeno alle imprese, l’ampiamento a 10mila euro della no-tax area e uno sblocco degli investimenti” Ferraresi, attraverso una “lotta all’evasione fiscale passando per il pagamento elettronico e una detrazione mensile che si trasformi in assegni per chi non ha reddito e ha figli a carico” Franceschini e, infine “una tassa piatta al 15% in armonia con la Costituzione perché prevede deduzioni e 500 euro al mese per figlio fino al 18esimo anno di età alle madri” Tomasi. Sull’istruzione invece l’esponente Pd punta su investimenti da 100 milioni l’anno per gli asili nido e la crescita degli istituti tecnici fino a 100mila iscritti l’anno oltre a un patto per la sicurezza antisismica e al superamento della logica del numero chiuso; di attrezzare le scuole per permettere agli studenti usciti di svolgere un’attività lavorativa e collegare gli ordini professionali alle università parla invece la candidata del centrodestra mentre Bregola cita “il contrasto della dispersione scolastica e una scuola realmente gratuita che riveda l’alternanza scuola-lavoro”.

Alla domanda sulle politiche giovanili e i cervelli in fuga la discussione invece si incarta in fretta diventando una sui contratti di lavoro: Tomasi propone “detassazione e salario minimo” a favore della dignità e contro lo sfruttamento, da lì si passa in fretta al “divario salariale uomo-donna da annullare” di Bregola al reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle che “eviterebbe ai giovani di finire in lavori illegali vedendo in questo Paese un futuro in cui vanno avanti solo i furbi e chi sbaglia non paga mai”. Quello che sul temo dice di più è Franceschini, e dice quasi nulla anche lui: “Non dobbiamo fare muri perché i nostri ragazzi evitino di andare all’estero ma dobbiamo attrarre cervelli e fare in modo che tornino”, enuncia, poi ripropone l’abbassamento del cuneo fiscale anche lui.

Lo scontro sui migranti infine, è inevitabile: Franceschini attacca il trattamento del tema “affrontato nel modo più degradante, la politica non deve cavalcare le paure: sicurezza e accoglienza vanno di pari passo, servono condizioni per l’accoglienza e per rimandare chi delinque o non rispetta l’asilo” solo per essere ripreso da Ferraresi che chiede che “l’Italia non supporti spese militari in Stati in guerra o che bombardano altri Paesi” e toccando il tasto multinazionali auspica “di prendere meno da questi Paesi” mentre Tomasi fa notare come “non possiamo garantire niente ai migranti e li lasciamo 18 mesi bloccati a fare nulla quando arrivano” e quindi “vanno rimpatriati tutti quelli che non hanno il diritto di asilo, quelli che non scappano dalla guerra: la proposta del Pd sembra la nostra”.

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