Spettacoli
19 Febbraio 2018
Teatro Sotterraneo torna a Occhiobello con l’altra faccia della medaglia di “Be legend!”

“Be normal!”: tutto ciò che siamo disposti a fare per (soprav)vivere

di Redazione | 3 min

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Foto di Emiliano Pona

di Federica Pezzoli

“Nella società c’è posto solo per uno dei due: voi o il vostro demone. A voi la scelta”. Sì perché ciascuno di noi e nessun altro può avere a che fare con la propria vocazione, ciò che non puoi fare a meno di non fare, quella necessità che senti dentro e che i greci chiamavano daimon: il daimon, da Paltone a Jung, non guarda in faccia a nessuno, non sente ragioni, o lo si segue o lo si uccide.

È da qui che parte la ricerca Daimon project, riflessione del fiorentino Teatro Sotterraneo sulla ‘vocazione’, che ha dato origine al dittico “Be legend!” e “Be normal!”: il primo era già stato a Occhiobello lo scorso gennaio, venerdì sera la compagnia – il cui nucleo autoriale è composto dal trio Daniele Villa, Sara Bonaventura e Claudio Cirri – è tornata sulla riva del Po per portare sul palco anche il suo doppio, Doctor Jeckill e Mr Hayde.

“Be Normal!” sta a “Be legend!” come naturale contraltare: una serie di profezie a ritroso, grottesche biografie dei grandi personaggi della storia o dell’imaginario collettivo interpretate da piccoli attori per far emergere, nei comportamenti e negli atteggiamenti, la predisposizione a divenire ciò che poi è diventata storia da una parte; dall’altra reindirizzamento verso la condizione dell’umano e attualizzazione del mito nel mondo contemporaneo, che riduce la vocazione in forma di passatempo oppure la annienta completamente.

Tutti i micro-episodi da cui è composto “Be Normal!” si fondano sulla messa in discussione, in ridicolo dei daimon, che non possono sopravvivere in tempi di crisi come questi, in cui appunto si fa già fatica a sopravvivere in senso stretto. L’esito è un autoritratto generazionale lucido, esagerato, spietatissimo, costruito per e con il pubblico. I due personaggi in scena provano a essere normali, ma la normalità sfugge di mano, perché non è più normale vivere delle proprie aspirazioni, ecco perché “Perfect Day di Lou Reed” suscita una risata amara: il giorno perfetto non è alla nostra portata più di quanto lo sia il passaggio lunare che vediamo sullo sfondo.

Tra colloqui di lavoro improbabili, dove la prova pratica per il candidato è “uccidere l’infame”, corsi di ‘sopravvivenza a tutti i costi’ e corsi di “teoria e pratica del conflitto generazionale” per trovare soluzioni alla gerontocrazia imperante, Teatro Sotterraneo in questo lavoro gioca sempre sul filo di lana fra parodia, teatro-inchiesta, critica sociale, creando una sorta di pastiche: la scelta, come visto all’inizio sta allo spettatore, non c’è un’unica strada a ciascuno la responsabilità di scegliere la propria.

Rimane l’affilata ironia e il cinismo talmente dissacrante da diventare grottesco, senza scampo e senza scrupoli, anche per se stessi: lo spettacolo inizia infatti con un messaggio in segreteria lasciato da Shakespeare, che con forte accento inglese consiglia ai Sotterraneo di smettere di fare teatro. Bellissima anche la gag della roulette russa con il regista Giulio Costa, perché in Italia non c’è posto per tutti quelli che vogliono fare gli artisti.

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