Politica
10 Febbraio 2018
Ferri replica a Rendine: "Basta richiedere contenitori più grandi, anche se l'esborso sarà simile a quello degli anni precedenti"

Calotte, le soluzioni per dentisti e odontoiatri

di Redazione | 3 min

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Se la calotta da 30 litri non è sufficiente, gli studi odontoiatrici possono richiedere – come tutte le altre attività economiche  – bidoni più grandi da 120 o 360 litri. È con questa puntualizzazione che l’assessora all’Ambiente Caterina Ferri replica all’interpellanza di Francesco Rendine (Gol) sui problemi del sistema di raccolta dei rifiuti sanitari.

In merito ai limiti qualitativi e quantitativi di assimilazione, e quindi alle regole per il corretto conferimento dei rifiuti speciali assimilati fra i rifiuti urbani, “nulla è cambiato rispetto a quanto in vigore in regime di Tari – riferisce Ferri -. Tant’è che l’articolo 4 della bozza del regolamento rifiuti si limita a riportare i criteri di assimilazione già previsti nel regolamento di gestione dei rifiuti urbani attualmente in vigore”.

Per quanto riguarda i limiti qualitativi, “i rifiuti prodotti dai dentisti sono di due tipi: rifiuti conferibili correttamente nella raccolta differenziata e quelli che invece non hanno le caratteristiche per essere riciclati nel rispetto dell’ambiente e della salute umana, che probabilmente costituiscono una larga parte di quelli prodotti dai dentisti. Su questo punto non c’è alcuna discrezionalità – assicura l’assessora – né da parte dell’organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani né da parte delle amministrazioni degli enti locali, perché le limitazioni sono imposte da normative nazionali e dai consorzi del riciclo”.

I dentisti evidenziano una produzione prevalente di rifiuti indifferenziati che, in quanto tali, non possono trovare forme di gestione alternative al conferimento al gestore pubblico. “Poiché si lamenta l’inadeguatezza della calotta come strumento di conferimento – e qui sta il nostro della questione – ricordiamo che per la gestione dei propri rifiuti indifferenziati le categorie produttive possono ottenere, previo contatto con i tecnici Hera dell’Area Operativa che provvederanno a specifico sopralluogo e incontro formativo, dei contenitori dedicati di differenti volumetrie (120 o 360 litri)”.

“Il ricorso a tale soluzione permette al produttore di comprimere i rifiuti, ottimizzando così le frequenze di esposizione. Nell’ipotesi di rispetto dei litri minimi riconosciuti – prosegue Ferri -, il ricorso alla calotta si tradurrebbe in una sensibile riduzione del prelievo rispetto agli importi Tari 2017, mentre la scelta di un contenitore da 120 litri comporterebbe un esborso simile a quello degli anni precedenti”.

Inoltre il “deposito di rifiuti indifferenziati (e cioè non contaminati da sangue o altri liquidi biologici) nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze non può provocare emanazioni insalubri. In caso contrario, evidentemente si tratta di rifiuti sanitari erroneamente conferiti assieme ai rifiuti indifferenziati”.

Quanto all’impossibilità di utilizzare sacchi da 30 litri, “questa ipotesi si configura solo in presenza di rifiuti ingombranti. Poiché il documento non fa mai riferimento a tale tipologia di rifiuti – nota l’assessora – se ne deduce che i richiedenti intendano piuttosto sottolineare la scomodità di frazionare i propri conferimenti in più sacchi da 30 litri (la cui risposta è appunto ricorrere a contenitori più grandi). Con riferimento infine agli aspetti economici, “si evidenzia che la tariffa puntuale rende più diretto che in passato il rapporto tra rifiuti prodotti e corrispettivo dovuto”.

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