Economia e Lavoro
17 Gennaio 2018
Confesercenti boccia l’ipotesi di delibera che agevola l’aumento degli spazi di vendita

Ferrara città museo o rassegna di centri commerciali?

di Redazione | 3 min

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Città come museo a cielo aperto o città come rassegna di centri commerciali? Il nuovo progetto di delibera dell’assessorato all’urbanistica del Comune di Ferrara, secondo Confesercenti, va nella seconda direzione.

Lo dice senza mezzi termini Nicola Scolamacchia, presidente dell’associazione di categoria, che boccia l’idea di permettere alle strutture di medie dimensioni (quelle comprese tra 1500 e 2500 mq di superficie) di aumentare le proprie dimensioni del 20% “senza dover procedere a varianti di strumenti urbanistici”.

Questo permetterebbe alle strutture di raggiungere fino a 3mila metri quadrati previa la sola “verifica delle condizioni di sostenibilità ambientale e territoriale”.

L’assessorato competente considera infatti “le attività commerciali di circa 3mila metri quadrati quelle di dimensione ottimale per funzionalità e sostenibilità economico”. La delibera doveva essere discussa in consiglio comunale, ma il suo progetto è slittato per consentire alle associazioni di categoria di intervenire con pareri e proposte di modifiche.

E dopo il placet di Cna e Confartigianato e il niet di Ascom, arriva anche il giudizio negativo di Confesercenti, che la ritiene “un altro regalo a grandi superfici commerciali”.

Scolamacchia ricorda che “il nostro territorio già primeggia in regione, con largo distacco, nell’indicatore relativo a mq. di grandi superfici per abitante: 0,12 mq pro capite a Ferrara, rispetto ad una media regionale di 0,06, – ovvero 8 abitanti per ogni metro quadro di Gsv (Grande Superfici di Vendita), contro una media regionale di 15. Se a ciò si unisce il fatto che i consumi sviluppati da Ferrara non sono certo superiori a quelli delle altre città emiliano-romagnole (forse è vero il contrario), è evidente che non si ravvisa alcuna necessità di ulteriori incrementi di superfici commerciali”.

Nicola Scolamacchia

Ma a stupire maggiormente Confesercenti sono le argomentazioni addotte dall’amministrazione: “Da un lato, si evocano bisogni dettati dalla vocazione turistica di Ferrara, città Patrimonio Unesco, che ci risultano francamente incomprensibili – fortunatamente attraiamo visitatori per l’arte, la cultura, gli eventi e la qualità del nostro paesaggio, e non per visitare i centri commerciali. Dall’altro, si richiama una inedita “dimensione ottimale” prossima alla soglia dei 3.000 mq. – saremmo curiosi di conoscere la fonte di questo nuovo sapere. Ci risulta invece che, sia a livello nazionale, sia a livello regionale, la direzione intrapresa vada in senso contrario”.

Scolamacchia ricorda che lo stesso ministro Franceschini “ha espresso la necessità qui a Ferrara, solo pochi mesi fa, di mantenere l’identità delle nostre città, musei a cielo aperto che tutto il mondo ci invidia e vero propulsore del turismo di qualità delle città d’arte, sostenendo i negozi di vicinato e le attività tradizionali. Già nel 2015, in occasione delle XIII giornate del commercio Urbano organizzate a Ferrara dalla Confesercenti, l’assessore al commercio della città di Barcellona aveva affermato che i piccoli negozi sono indispensabili alla caratterizzazione di una città turistica”.

Due sono fondamentalmente i punti della delibera considerati critici. “In primis, per la sua formulazione, la delibera apre alla possibilità ad aumenti di superficie non solo agli attuali 6 casi riportati nel testo, ma praticamente a tutte le medie strutture presenti oggi sul territorio. Queste potrebbero infatti prima espandersi sino alla soglia dei 2.500mq indicata a livello normativo regionale quali soglia limite per le medie strutture e poi, facendo leva su quanto ora si vuol deliberare, ingrandirsi di altri 500 mq, diventando di fatto grandi superfici di vendita senza dover richiedere autorizzazioni”.

In seconda battuta, “tale percorso costituisce di fatto un superamento di un preciso percorso definito e normato, frutto di studi ed approfondimenti, sull’impatto della presenza di queste strutture sul territorio. Ciò costituirebbe un caso unico a livello regionale, esponendo l’amministrazione a cause e ricorsi i cui costi ricadrebbero poi inevitabilmente sulla collettività”.

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