Cronaca
17 Dicembre 2017
Il killer dopo l'arresto non sta collaborando. Nel suo zaino dispositivi elettronici e forse le pistole sottratte a Ravaglia e alla guardia giurata a Consandolo

‘Igor’ ricercato in Spagna da luglio. Trovati tablet, computer e cellulare

di Redazione | 4 min

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Nemmeno 24 ore dopo il suo arresto e il conseguente interrogatorio, è arriva l’accusa formale a Norbert Feher, nome vero del più noto alias Igor Vaclavic, per i tre omicidi degli agenti della Guardia Civil e dell’allevatore avvenuti giovedì sera nei pressi di Teruel, in Spagna.

Davanti al giudice. Il processo, scrivono i media spagnoli, è ovviamente ancora in fase di istruzione e sebbene domani Feher comparirà in videoconferenza davanti al giudice Carmen Lamela dell’Audiencia Nacional — un tribunale speciale con giurisdizione su tutto il territorio dello Stato e sui crimini internazionali le cui decisioni sono appellabili solo alla Corte Suprema — sarà solo un’udienza tecnica perché la giustizia possa fare il suo corso: sul capo di Igor pende infatti anche un mandato di cattura europeo emesso dall’Italia per i due omicidi in Emilia e la procedura impone che gli vengano comunicati i motivi per cui la giustizia italiana ha chiesto il suo arresto.

Tablet, cellulare e forse le pistole rubate a Ravaglia e alla guardia giurata. Le indagini spagnole sono ancora in corso, serrate, e coperte dal segreto istruttorio. Feher si sta dimostrando ancora una volta non collaborativo con le forze di polizia, atteggiamento che ha tenuto da subito dopo la cattura e uno dei motivi  che “ha ritardato considerevolmente la sua identificazione”. Secondo quanto riportano i media nazionali italiani, durante le perquisizioni effettuate subito dopo l’arresto sono stati trovati vari oggetti nello zaino appartenente a Feher, alcuni dei quali potranno essere di grande aiuto nel corso dell’indagine, anche per chiarire gli spostamenti del killer da aprile a fino a venerdì, dall’Italia fino alla Spagna. Si tratta del telefono cellulare, un tablet, un computer e delle chiavette usb. Le pistole che aveva con se sarebbero state quattro e non tre: due rubate agli agenti uccisi e le altre due, forse, portate dall’Italia, potrebbero essere quelle sottratte a Marco Ravaglia e alla guardia giurata di Consandolo.

Sapeva dove sparare per uccidere. Dalla polizia spagnola arriva poi la conferma del fatto che i due agenti intervenuti nella fattoria dove si trovava ‘Igor’ stessero indossando il giubbotto antiproiettile in loro dotazione, ma Feher ha sparato mirando alle gambe e all’inguine ferendoli a morte come conseguenza di uno shock ipovolemico.

Poche tracce, tanti e nomi Paesi da controllare. Sul fronte investigativo l’Italia cercava il killer di Budrio e Portomaggiore in diversi Paesi europei, ma si muoveva a tentoni a causa “dell’assenza totale di nuovi elementi investigativi”. Era sparito, completamente, e gli investigatori stavano percorrendo a ritroso la rete dei suoi contatti e scandagliando le varie criminalità locali per assicurarsi che non fossero queste a nasconderlo o quantomeno a supportarlo.

E per questo, nella lista dei Paesi nei quali si sarebbe potuto trovare Feher c’erano finiti la Serbia (suo Paese natale), l’Ungheria (che confina con la sua città natale), l’Austria (dove c’era un suo connazionale che gli inquirenti, basandosi su pattern emersi da comunicazioni su WhatsApp, credevano fosse un intermediario a quantomeno un contatto) e la Francia (perché tra i suoi contatti c’erano anche dei falsificatori di documenti transalpini). Oltre alla Spagna, dov’era, dov’era stato e dove Pajdek, suo complice nelle rapine nelle case a Coronella e Denore, diceva sarebbe sempre voluto tornare come testimoniavano anche le informazioni biografiche sul suo profilo Facebook.

Ricercato a Valencia da luglio. Intanto, dalla Spagna arrivano altri particolari non solo sulla sua cattura ma anche sulle ricerche, raccontati dall’edizione online de ‘Las Provincias’: Feher era ricercato nei pressi di Valencia almeno da luglio.

L’hanno cercato per settimane, sulla costa valenciana, ma i poliziotti non avevano trovato nulla. Fino alla sparatorie del 5 e del 14 dicembre, quando di nuovo sono stati dislocati a circa 200 chilometri di distanza per dargli la caccia. Quando Igor si è svegliato con le manette ai polsi ha smesso di opporre resistenza e ha detto loro di chiamarsi Norbert. Poi, nel corso dell’interrogatorio, si è rifugiato nel silenzio.

A catturarlo è stato un agente di Castellón, comunità subito a nord della città metropolitana di Valencia: l’ha visto sulla provinciale nascosto nella vegetazione tradito da un colpo di sonno e gli è saltato addosso insieme a un collega della Guardia Civil. Era lì, a dare rinforzo alle ricerche dell’uomo che aveva già sparato a due persone il 5 dicembre, perché avevano già avuto a che fare con lui: a luglio alla polizia locale di Manises e alla Policia Nacional di Quart de Poblet era arrivata un’informativa, comprensiva di fotosegnaletica. Si parlava di esercitare la massima cautela nella ricerca di un fuggitivo che veniva descritto come sempre armato, con addosso documenti falsi perché soggetto a un mandato d’arresto internazionale per omicidio. C’era già tutto, insomma, sebbene l’ultimo collegamento, ovvero assegnare un nome all’informativa, latitava come Igor.

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