Per l’accorpamento delle Camere di Commercio, Ferrara e Ravenna dovranno attendere ancora a causa di un ‘cavillo’ di non poco conto. Tutto rimandato a data da destinarsi, dato che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo un articolo del decreto 219 del 2016, proprio quello che ha definito la riforma degli enti camerali, con relativo riordino delle funzioni.
A cascata non può considerarsi legittimo nemmeno il decreto del ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda con il quale, proprio sulla base dell’articolo ‘bocciato’ dalla Corte Costituzionale, è stato approvato in agosto il piano di riorganizzazione del sistema camerale con i relativi accorpamenti, tra cui quello tra Ferrara e Ravenna.
La sentenza di illegittimità dell’articolo 3 del decreto 219/2016 (la riforma Madia) deriva dal fatto che il governo, per poter formulare il decreto, avrebbe dovuto sentire il parere della Conferenza Stato-Regioni. Questo perché, secondo l’alta corte, le Camere di Commercio “svolgono compiti che esigono una disciplina omogenea in ambito nazionale” e allo stesso tempo i loro compiti “sono riconducibili a competenze sia esclusive dello Stato, sia concorrenti, sia residuali delle Regioni”, che quindi avrebbero dovuto essere coinvolte nel processo di riforma.
La Corte Costituzionale impone dunque di ‘sentire’ in merito la Conferenza Stato-Regioni, congelando così di fatto l’intera riforma (a sollevare la questione erano state le Regioni Puglia, Toscana, Liguria e Lombardia, i cui ricorsi sono stati riuniti ed esaminati insieme), con il governo che avrebbe però deciso nel frattempo di mantenere in carica i commissari incaricati per i vari accorpamenti, compreso Mauro Giannattasio, il segretario generale della Cciaa di Ferrara, per quanto riguarda l’accorpamento di Ferrara e Ravenna.
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