Attualità
20 Novembre 2017
Più del 50% di iscritti sono donne, ma solo il 22 riesce a fare carriera. Boldrini: “Bisogna lavorare sull’educazione”

“Belli e diversi, ma uguali nei diritti”, Unife modello per il bilancio di genere

di Redazione | 2 min

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Due ferraresi, una donna di 46 anni e un uomo di 55 anni, rispettivamente amministratore di diritto e di fatto di una società fallita con sede nell'Alto Ferrarese, sono stati condannati a 6 anni e 4 anni e 4 mesi dal tribunale di Ferrara con l'accusa di bancarotta fiscale

di Cecilia Gallotta

Ferrara pioniera del bilancio di genere e “modello esemplare per tutto il territorio nazionale”. Il nostro Ateneo ha strappato i complimenti della deputata alla Camera Paola Boldrini, che giovedì mattina, presso la sede del Rettorato di via Ariosto, ha riportato il plauso anche da parte del ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Valeria Fedeli.

Il bilancio di genere, che l’Università di Ferrara redige dal 2011, risulta infatti essere, usando le parole di Fedeli, “un potente strumento di valutazione degli impegni politici di un’amministrazione”. Una sorta di termostato dell’andamento sociale di un territorio che spesso rispecchia quello dell’intera nazione, a fronte del quale diventa così possibile individuare azioni positive e atte al suo miglioramento. Motivo che non a caso lo vede inserito tra i primi cinque obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu.

A Ferrara sono 1514 le donne immatricolate nell’anno accademico 2016/17, su un totale di 2625. Dei 15.488 iscritti, poi, 8560 sono donne, e 1643 (su 2865) sono le laureate. Un trend che rispecchia quello nazionale, illustrato da Maria Tesera Morana e Simonetta Sagramora dell’Ufficio Statistica del Ministero dell’Istruzione, in cui la presenza femminile alla base della formazione accademica supera il 50%, ad eccezione delle cosiddette aree Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) che registrano una presenza femminile del 36%, con un gap particolarmente alto nel settore dell’ingegneria e tecnologia informatica.

L’inversione di rotta più allarmante però, si conferma quella della cosiddetta “segregazione verticale”, ossia della drastica riduzione della presenza femminile a partire dall’inizio della carriera fino ad arrivare ai vertici delle cariche, soprattutto di docenza. Solo il 22% di donne infatti raggiunge la carica di professore ordinario, leggermente in aumento rispetto al 18% del 2006. Stessa fotografia di Ateneo per Ferrara, il cui corpo docenti registra 183 donne su 554.

Il dato è inevitabilmente collegato al momento di formazione della famiglia, “il cui carico poggia sempre più sulle spalle delle donne – riporta Boldrini – una verità riscontrata anche a livello europeo”. Un maggiore sostegno alle nuove famiglie rientra infatti nell’eterna “corsa alla conciliazione tra vita e lavoro, entrambi linfa della società, di cui abbiamo parlato in un intergruppo parlamentare di donne – anticipa la deputata – per individuare azioni da poter inserire in tal senso negli emendamenti delle leggi di bilancio”.

Il congedo parentale anche per gli uomini, o la ‘giornata in ufficio’ per i bambini, sono due “piccoli grandi esempi” di come per lavorare sulle pari opportunità bisogni prima “lavorare sulla cultura, su una buona educazione di genere, che non si riferisce esclusivamente alla teoria gender – precisa Boldrini – ma ad una mentalità che ci veda belli perché diversi, ma uguali nei diritti”.

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