Politica
4 Novembre 2017
Referendum su autonomie e legge elettorale i temi al centro del seminario organizzato da Cgil Ferrara

“Il Rosatellum non è nell’interesse del Paese”

di Redazione | 3 min

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di Simone Pesci

Referendum su autonomie e legge elettorale sono stati i temi al centro delle discussioni del seminario organizzato da Cgil Ferrara.

Bocciata senza appello la nuova legge elettorale, da un tranciante Danilo Barbi – Cgil Emilia-Romagna -: “Non è nell’interesse del Paese”. Il perché è presto detto: “Ha due grandi problemi, uno costituzionale e uno politico. Le coalizioni ammesse sono strane perché la legge non obbliga a presentare un programma politico comune, il capo partito deve inoltre depositare una certificazione presso l’ufficio elettorale, ma quale legge costringe un partito a programmare un leader che rimane tale anche in caso non lo si volesse più?”

“Inoltre – prosegue Barbi – il voto disgiunto non è ammesso, sono possibili pluricandidature, 1 in collegio uninominale e 5 in collegi proporzionali, e le liste sono bloccate”.

Il presagio di Danilo Barbi è che, dopo Porcellum e Italicum, anche questa legge sarà ritenuta incostituzionale e bocciata dalla Corte costituzionale: “E’ un rischio altissimo, sotto il profilo politico non è una legge né per la governabilità né per la rappresentatività. Il problema è che è una legge elettorale che ragiona di puro opportunismo,  fatta per ingarbugliare la repubblica creando problemi anche all’istituzione democratica”.

Il compito di analizzare ‘i moti indipendentisti’ spetta invece ad Antonella Raspadori – Cgil Emilia Romagna -, che dipinge un quadro generale di Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, partendo dal referendum del 4 dicembre dello scorso anno, che “ha lasciato una situazione a metà del guado”, perché le province “dopo la legge Delrio, che dava per scontato che sarebbe passata la riforma costituzionale, sono diventate enti di secondo livello e per questo lasciate nell’indeterminatezza e in difficoltà economiche”.

Difficoltà che stanno alla base della firma, all’indomani dei referendum sull’indipendenza di Veneto e Lombardia, della “dichiarazione di intenti fra il presidente regionale Stefano Bonaccini e il premier Paolo Gentiloni”. Di 23 competenze territoriali, sono sostanzialmente 5 quelle che chiede l’Emilia Romagna, come elenca Raspadori: “la tutela e la sicurezza del lavoro; l’istruzione tecnica e professionale, la formazione professionale e l’istruzione universitaria; l’internalizzazione delle imprese, la ricerca scientifica e tecnologica; la rigenerazione urbana del territorio; il coordinamento della finanza pubblica e una governance istituzionale”.

Il referendum lombardo, invece, non prevedeva “il quorum, però nel quesito si cita l’unità nazionale e fa riferimento ai passaggi necessari statali e parlamentari”, mentre quello del Veneto “non fa minimamente cenno all’unità nazionale, e i cittadini hanno votato su una domanda secca basata sulla totale autonomia”.

Raspadori, inoltre, fa notare che sia in Veneto che in Lombardia le città con maggiore affluenza sono guidate da sindaci di centro-sinistra: “Sintomo che le carte politiche si stanno mischiando. La scelta veneta, ad esempio, porta diatriba nella Lega perché l’idea di Matteo Salvini è quella di espandersi anche a sud”.

 

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