Una dura richiesta di archiviazione, quella del pm Giuseppe Tittaferrante nei confronti di don Tiziano Bruscagin, che ha il sapore di uno sfogo verso quella parte di Goro “omertosa e menzognera” che ha taciuto e continua a tacere sugli autori dell’omicidio del 29 settembre 1988, quando venne ucciso Willy Branchi.
Proprio l’ex parroco di Goro, in un’intervista al Resto del Carlino, fece i nomi dei presunti responsabili e di un testimone chiave, portando così la Procura a riaprire l’inchiesta. Ma in procura Bruscagin negò tutto.
Nelle otto pagine della richiesta di archiviazione – come riporta lo stesso Carlino – il pm ricostruisce la vicenda con i nomi e cognomi dei presunti colpevoli e dei tanti che conoscono la verità, tutte persone che, come scrive Tittaferrante, “hanno palesato un evidente fastidio di fronte agli inquirenti” e creato difficoltà con “un vero e proprio atteggiamento menzognero”. Come don Tiziano Bruscagin e il pensionato Carlo Selvatico, indagati per falso. Bruscagin ha ritrattato, portando quindi la Procura a chiederne l’archiviazione, mentre per Selvatico incombe la richiesta di rinvio a giudizio, sorte quest’ultima che avrebbero potuto seguire altri “se non avessero subito ritrattato le loro false dichiarazioni”.
Dopo che Bruscagin venne chiamato in Procura assieme al testimone che aveva tirato in ballo, il 16 aprile del 2015, in un’intercettazione ambientale l’ex parroco “ha incredibilmente invitato T. (il testimone, ndr), in quel periodo sottoposto a intercettazioni, a non parlare per telefono, all’evidente scopo di eluderre un’attività captativa”. E’ in quel frangente che emerge la presenza di una lettera in cui il presunto omicida “farebbe riferimento alla morte di Willy” e che sarebbe stata trovata dalla nuora dell’uomo dopo la sua morte. La nuora e il marito finiscono davanti al pm ed entrambi “hanno dapprima falsamente negato di ricordarsi della lettera salvo poi ritrattare”. Lettera che non è mai venuta alla luce, che “documenterebbe l’esistenza di un legame” tra Willy e il suo omicida e nella quale il presunto responsabile “si sarebbe autoaccusato dell’assassinio”.