Politica
30 Settembre 2017
Teatro Nuovo gremito per il dilago tra l'ex presidente del Consiglio e il politologo Ilvo Diamanti

Il futuro dell’Europa secondo Prodi. «La paura di Trump e della Cina gli darà forza»

di Redazione | 4 min

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(foto di Alessandro Castaldi)

«La paura della Cina e degli Stati Uniti darà forza all’Europa, Trump stando un grande contributo all’Unione europea. Anche la Germania ora fa il discorso: bisogna pur che ci mettiamo assieme».  Germania, scomparsa dei partiti tradizionali, populismi e globalizzazione sono stati i temi attraverso i quali l’ex presidente del consiglio Romano Prodi e il sociologo Ilvo Diamanti hanno parlato di “Europa necessaria” in un gremito Teatro Nuovo per il Festival di Internazionale.

Un’Europa che, però, nel pensiero del professore «se non si mette assieme è finita» e che per farlo potrebbe passare da una strada finora non percorsa: quella della difesa. È questo il pertugio che Prodi sostiene potrebbe ridare spinta all’Ue, perché qui si giocano gli interessi della Francia, che vorrebbe affermarsi come forza militare, e della Germania, che «di fronte a un Trump imprevedibile sente il problema di diventare militarmente forte ma senza paure e senza creare problemi». Proprio il presidente Usa, per il suo ruolo da collante per l’Europa, viene definito da Prodi in modo provocatorio «più europeista di tutti».

Dalla Germania – su proposta della moderatrice Tonia Mastrobuoni (La Repubblica) – è partita l’analisi – spesso applaudita – dello stato attuale del Vecchio Continente. E se per molti l’affermazione relativa dell’estrema destra è sembrata una novità imprevista, per Prodi non lo è, anzi: «Ho trovato naturalità nei risultati – spiega il professore -, la Germania era l’unico Stato in cui no si era ancora verificata la crisi dei partiti tradizionali». Ciò che vediamo all’estero, spiega Diamanti, è qualcosa di cui «siamo stati anticipatori: quello che abbiamo sperimentato è che non abbiamo più una prospettiva in cui alternativa significhi alternanza. Quel che vediamo ora l’alternativa tra la destra democratica e i partiti populisti».  Questi ultimi, secondo il sociologo, sono i partiti verso ai quali si rivolgono il ceto medio basso e chi oggi si definisce ancora classe operaia. Ma non è neppure questa la chiave di lettura, semmai lo è quella della distinzione centro-periferia: «Più ci si allontana dal centro  – osserva Diamanti, spiegando uno studio sul voto francese -, più il voto va ai partiti populisti». Questo, per il politologo, significa una cosa, che «i partiti di massa dovrebbero interessarsi delle masse», riprendere – magari in modi nuovi, attuali – la loro funzione di mediatori sociali, facendo riscoprire il valore della partecipazione. «La politica ha questo compito – sostiene Diamanti -: ricostruire la società. C’è possibilità di fare politica ne tempi del digitale, dobbiamo rassegnarci alla politica». D’altronde sembra ci sia un capitale su cui investire: «La partecipazione a questo festival mostra che c’è domanda di politica quotidiana in cui stare con gli altri è meglio che stare da soli».

Prodi vede uno scenario fosco nella prossime elezioni tedesche, simile a quello italiano, in cui il sistema proporzionale comporterà problemi. E proprio sul sistema elettorale l’ex presidente si è soffermato per un attimo: «Si dice che il proporzionale fotografi la realtà del Paese. Sono d’accordissimo, ma non abbiamo bisogno di una fotografia, ma di un governo». Sull’unità a sinistra concede solo una battuta: «Ho comprato dei vasetti di colla ma non hanno funzionato. Come si diceva allo stadio a Bologna: ‘insistisci’».

Tornando all’Europa, Prodi difende l’allargamento a est e anzi rilancia, recriminando per la poca audacia nel non allargare ancora di più verso gli ex Paesi sovietici: «Avremmo risparmiato tante tragedie, basta pensare all’Ucraina. Il problema non è l’allargamento, ma la poca saggezza nel gestire la situazione. E oggi abbiamo commesso l’errore di aver buttato la Russia in braccio alla Cina».

E poi, sullo sfondo, l’elefante nella stanza: la globalizzazione con i suoi problemi: «Dobbiamo vedere quali sono i danni della globalizzazione e quali sono quelli dovuti al non avere agito davanti ai problemi. Dobbiamo governare questo processo, ma nell’Occidente abbiamo reagito, ad esempio, diminuendo le aliquote per i ricchi ed è chiaro che sono aumentate le differenze. E l’assurdo è che oggi chiunque parli di tasse perde le elezioni». Il rischio, secondo Prodi, è che l’Europa faccia la fine dell’Italia dopo il Rinascimento: «Non ci siamo messi assieme per la prima globalizzazione e siamo scomparsi. L’Europa oggi è un gigante economico, nano politico e verme militare e se non si mette assieme è finita».

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