Attualità
23 Settembre 2017
L'ex dirigente scolastico Fioravanti condivide l'idea e rilancia: "Realizziamo un luogo di circolazione della conoscenza, di incontri e di iniziative"

Polo bibliotecario in Gad: “Facciamolo, ‘libriamo’ la zona”

di Redazione | 4 min

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(immagine d’archivio)

La ‘provocazione culturale’ di inserire bibliotecari in Zona Gad, lanciata da liberi professionisti, insegnanti, abitanti del quartiere e altri cittadini in seguito alla notizia dell’arrivo del militari nella zona Gad, sembra destinata a raccogliere consensi. Dopo quelli di Corrado Oddi e Natale Vitali – che hanno proposto di costituire un polo bibliotecario – ora è l’ex dirigente scolastico Giovanni Fioravanti a inserirsi nel dibattito aggiungendo carne al fuoco.

Per Fioravanti l’idea è buona, perché permette di “rispondere con le armi della cultura anziché con le armi dell’esercito”, e il progetto del polo bibliotecario dovrebbe arricchirsi diventando “non solo un luogo di libri, ma un luogo di circolazione della conoscenza, un luogo di incontri, di iniziative, di animazione del quartiere attraverso il sapere insieme”, quindi “non un luogo chiuso ma aperto, capace di mobilitare il sapere per le strade, per le piazze”.

Si tratterebbe perciò di realizzare “un hub di un quartiere vivo anziché spaventato”.

“Non abbiamo bisogno di archivi e di luoghi morti – sostiene Fioravanti – ma di luoghi che siano l’anima di iniziative capaci di rispondere ai bisogni formativi e culturali delle persone, nella prospettiva della formazione permanente. Non un luogo autoreferenziale come lo sono le scuole, l’università, musei, cinema, teatri e biblioteche. Ognuno per sé senza neppure conoscere cosa fa il vicino, senza alcun coordinamento. Ecco, l’hub bibliotecario della Gad come obiettivo potrebbe avere quello di dare impulso alla collaborazione fra istituzioni diverse, oltre che indirizzare il cittadino verso altre esperienze culturali sul territorio. Insomma lavorare per una cultura calda, per un’idea di città come impresa educativa”.

L’esempio da cogliere, o comunque dal quale partire, secondo Fioravanti, sarebbe quello dell’esperienza del Consorzio delle biblioteche dei Comuni della Provincia nord-ovest di Milano. “Perché non cogliamo questa occasione per farla nostra, semmai reinventandola? La realtà della città è un’enorme arnia di occasioni formative, la biblioteca potrebbe essere il luogo per mettere in rete tutte le celle di questa arnia, far conoscere cosa offre il quartiere e cosa offre la città. L’idea di valorizzare il circuito della conoscenza mettendo in rete gli eventi relativi alla diffusione del sapere e della cultura. La banca dati digitale degli avvenimenti in città: i luoghi della cultura, i percorsi tra i beni artistico-architettonici, le proposte paesaggistico-ambientali, gli itinerari naturalistici da visitare. Spettacoli, concerti, conferenze, gite da non perdere. E infine lo sport e i luoghi dove mangiare e bere da provare. Un hub che interagisca e operi in collaborazione con scuole, centri sociali, istituzioni, imprese e associazioni del territorio, seguendo il filo rosso dell’istruzione diffusa e permanente, con l’obbiettivo di fare incontrare tar loro tutte le forme di apprendimento da quelle formali, a quelle non formali e informali. Un luogo dove le differenti culture che ormai abitano il territorio possano raccontarsi e ascoltarsi vicendevolmente. Un hub con servizi di prestito interbibliotecario e di consultazione, emeroteca, wifi gratuito, punti di bookcrossing, iniziative culturali per bambini e adulti. Uno spazio pubblico per studenti e cittadini, in rete con il circuito delle biblioteche universitarie, con l’archivio di stato e comunale, una sala convegni, una sala per mostre ed esposizioni. Una piazza coperta dove incontrarsi, con il bar dove fermarsi a leggere o dove ritrovarsi con altri per giocare, recuperando il piacere di stare insieme intorno ai giochi da tavolo. Una biblioteca come luogo di ritrovo del quartiere, con spazi flessibili, ma anche come centro di apprendimento in grado di offrire risorse e opportunità all’intera gamma dei gruppi demografici del quartiere dall’infanzia agli anziani, dai corsi di informatica ai corsi di lingua italiana per gli stranieri, corsi di lingue, benessere e salute, musica, tecnologia, lavoro e management, scrittura e comunicazione. Una biblioteca di quartiere come luogo della città condivisa, dove si mettono in comune spazi, beni e saperi per la produzione e lo scambio di servizi a vantaggio di tutti. La biblioteca come luogo di pratica democratica dove nessuno è straniero, un Community Hub capace di captare i bisogni del territorio attraverso la rete di collaborazione con istituzioni, associazioni, centri sociali, gruppi di quartiere per fornire risposte adeguate in termini di elaborazione di servizi, organizzazione di attività culturali e di animazione territoriale”.

L’obiettivo da raggiungere, conclude Fioravanti, “è quello di rivitalizzare il quartiere in termini di inclusione sociale e di empowerment di comunità. Per fare questo i servizi di biblioteca devono ampliarsi, da un lato con proposte a differenti target di destinatari (giovani, famiglie, anziani) per accrescere il livello di interazione sociale, dall’altro attivando percorsi di partecipazione. In città sempre più in preda alla paura del “diverso” la biblioteca è un luogo sicuro, dove poter constatare che di fronte al sapere siamo tutti uguali. Un hub bibliotecario, piazza coperta del territorio, esige una riflessione approfondita da parte di amministratori, architetti e bibliotecari affinché le caratteristiche di questo luogo siano piacevoli e culturalmente stimolanti. Una biblioteca pubblica ben progettata e ben gestita è un luogo che aumenta il capitale sociale del suo territorio”.

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