Sport
16 Maggio 2017
Le parole di Alberto Morea per la scomparsa del mitico coach

“De Sisti come Buddha: illuminava e conduceva a trovare la strada”

di Redazione | 7 min

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Un weekend che sarà davvero difficile da dimenticare per gli sportivi estensi quello appena trascorso. Picchi di gioia nel pomeriggio del 13 maggio 2017 per la promozione in serie A dopo 49 anni della Spal, ma anche tante lacrime per la scomparsa di Mario de Sisti la mattina proprio di quel 13 maggio, per tanti aspetti da incorniciare.

E quando un personaggio carismatico come De Sisti lascia i palcoscenici, le parole scorrono come un fiume in piena: aneddoti, storie, ricordi: un puzzle di pensieri ed emozioni che riconducono tutti a un uomo che ha lasciato il segno sul parquet e nella storia della pallacanestro.

De Sisti era infatti un profondo conoscitore del mondo della palla a spicchi, ma non solo: un grande educatore, con il talento innato di coinvolgere le persone, di condividere con gli altri la propria conoscenza e la propria passione in una grande sinergia d’insieme.

“Mario era come Buddha per certi aspetti: illuminava, conduceva a porsi dei dubbi e poi, attraverso i dubbi quasi sempre a trovare la strada”. Sono le parole di Alberto Morea, uno di suoi “adepti”, che ha voluto ricordarlo con alcuni aneddoti e una lettera che racconta di una delle tante conversazioni con De Sisti – divenute per i due coach ormai un rituale – al “bar Rex, che non si chiamava più così da anni, ma per Mario rimaneva sempre il bar Rex”.

Alberto Morea è ad oggi, dopo tanti anni come vice e come capo allenatore sui parquet nazionali, il responsabile del settore giovanile della 4 Torri, un ambiente che Mario De Sisti ha vissuto e toccato con mano per moltissimo tempo.

Morea è di rientro da un weekend inconsueto, coincidenza ha voluto che con un gruppo di ragazzi e famiglie avesse programmato da tempo un fine settimana di sport e turismo: dalle Marmore agli agriturismi, da Assisi all’immancabile tappa al Liberati di Terni, senza sapere ovviamente che questo match sarebbe stato decisivo per la Spal. È così che a passeggio sotto gli spruzzi della Cascata delle Marmore viene a sapere della scomparsa di De Sisti, ed è così che di lì a poco si troverà coinvolto, insieme alla sua truppa di viaggio, al Liberati a festeggiare la promozione della Spal nella massima serie.

La mente però non può non tornare ai ricordi legati a De Sisti, che a Ferrara – ma non solo – è stato di esempio per tanti nel mondo della pallacanestro.

“Ricordo quando ero appena arrivato a Ferrara una ventina di anni fa – racconta Morea – , in occasione di un suo clinic, mi promise che sarebbe venuto a vedere come conducevo gli allenamenti, ma non ci credetti sulle prime. Poi lo vidi un pomeriggio arrivare. Mi propose di fare alcune cose con i ragazzi, nella conduzione dell’allenamento. Rimasi incredibilmente colpito da come i ragazzini lo seguivano. Aveva un dono: di coinvolgere e trasmettere alle persone. Forse per la sua incredibile conoscenza, forse per le sue qualità umane. Mario era un grandissimo tattico, era avanti anni luce rispetto a tanti, vedeva le cose prima che accadessero. – Morea sorride, accompagna i ricordi con le espressioni del volto che tradiscono un po’ di emozione – La sua qualità era anche quella di saper adattare la propria conoscenza al mondo che si evolveva, perché era alla costante ricerca di miglioramento: studiava e si aggiornava di continuo”.

“Un pomeriggio in bicicletta lo incontrai lungo viale Cavour – Morea prosegue con il sorriso a ricordare De Sisti -, percorremmo un pezzo di strada l’uno a fianco all’altro e Mario mi disse alcune cose che a suo avviso sarebbero cambiate con il passaggio del cronometro dai 30” ai 24”. Nel tempo mi resi conto che erano tutte vere”.

Un rapporto vero, sincero, nato tra due allenatori che condividevano la stessa passione e per certi versi la stessa scelta di vita e a tratti un percorso comune. Da lì l’appuntamento quasi fisso al “bar Rex”, quando De Sisti rientrava dai suoi viaggi e anche quando Morea rientrava a Ferrara nei periodi in cui allenava lontano dalle mura estensi.

“Mario mi chiamava per raccontarmi e condividere con me, – prosegue Morea – io raccontavo a lui ciò che accadeva, era uno scambio continuo. La mia annata a Mantova fu inizialmente in salita e lui mi rassicurò dicendo che anche lui un anno aveva perso le prime sette gare e poi finì con i play off promozione: fu profetico. Una volta ero in difficoltà perché giocavo una partita importante, uomini contati e Mario mi disse ‘ma fai una 3 2 tanto a metterla in piedi ci metti un paio di giorni’, era venerdì. Così feci e rischiammo di vincere. Fu un grande rammarico non riuscirci, avrei dedicato a lui quella vittoria.

Mario portava davvero con sé un grande patrimonio, fatto della sua persona, oltre che della sua esperienza. Ad oggi ancora alleno ragazzini che lo ricordano e ricordano le sue battute, la sua ironia e i suoi insegnamenti”.

“Di Mario, – chiosa Morea – ricorderò sempre anche la sua disponibilità. Se hai bisogno ci sono, diceva sempre ed era così con tutti. Avrei voluto salutarlo ancora una volta e poi prendere con lui un te indiano. Bevevamo sempre un caffè insieme, nel corso dei nostri incontri – spiega Morea – , ma una delle ultime volte che lo vidi mi invitò a casa sua a bere un té indiano al posto del caffè. Il mio rammarico è non essere riuscito a berlo davvero quel té indiano insieme a lui”.

Un rammarico per tanti, quello di non avere più Mario De Sisti qui a raccontare, condividere, a strappare sorrisi e a regalare emozioni.

L’ultimo saluto a Mario è previsto nel pomeriggio di oggi alle ore 15 nella parrocchia dell’Immacolata di piazzale Dante, 36.

È un lunedì di gennaio, sono le 10.30 a Ferrara, al bar Rex – il bar ha cambiato nome ormai da tempo, ma Mario continua a chiamarlo così:
“Sai Alberto, – mi apostrofa così – ieri ho visto la partita e come è andata, (parlando della mia Bondi quando ero capo allenatore) e adesso ti scrivo le “Tre Regole Per L’ Allenatore Di Pallacanestro”.
Mario prende la penna, solleva gli occhiali sulla fronte ed inizia a scrivere sul foglio che si trova davanti:
È meglio sbagliare facendo
Non permettere all’ attacco di fare ciò che vuole fare
Poi la voce di Mario si interrompe, i gomiti scivolano in basso e si aprono sul tavolo a cui siamo seduti, gli occhi si abbassano e si fermano a dieci cm dal foglio del quaderno:
“Voglio farti vedere un movimento SUPER per dare a Brkic la possibilità di scegliere di andare dentro o fuori”, ora gli occhi tornano sul foglio, la voce è diventata più bassa, più lenta e quasi ti fa entrare in campo.
“Quando loro vogliono giocare quel blocco sulla palla – Mario prosegue – il difensore deve ruotare i piedi in questo modo e tu non glielo devi far giocare” e giù una risata.
E così avanti per dieci minuti, saltando da un angolo all’altro del foglio, girando e rigirando il quaderno in un ordine assolutamente personale: è un’immersione nelle profondità della sua immensa mente cestistica.
Ad un certo punto la penna cade, una mano copre l’ altra per formare un appoggio per il petto, gli occhi diventano delle fessure impenetrabili ed i suoi ricordi vivi, nitidi, freschi mi portano a conoscere un giocatore poco disciplinato da inquadrare, un allenatore avversario particolarmente arguto da affrontare o un presidente incerto da portare dalla propria parte. Mario ha rialzato la testa e mi guarda negli occhi, gli occhiali sono sulla fronte: niente lenti tra Mario e me. Lui mi parla di uomini e quindi si parla da uomini.
Al termine dell’incontro per un secondo vorrei chiedergli la “Terza regola dell’ allenatore di pallacanestro”, ma la mia mente è troppo piena di dettagli: posizione dei piedi per rubare centimetri, secondi per ingabbiare un avversario e “parole” da sussurrare ad altri uomini affinché ti seguano… così non gli ho chiesto nulla, né quella mattina, né in altre occasioni.
Ho ripensato a quell’incontro sabato mattina, quando ho avuto la notizia di Mario e mentre mi trovavo lontano da Ferrara, passeggiando tra i sentieri di una cascata, mi è tornata insistentemente alla mente una frase che amava ripetere: “Trova la tua strada e cammina con le tue gambe”.
Mi piace pensare che la Terza Regola Dell’ Allenatore Di Pallacanestro sia proprio questa: “trova la tua strada e cammina con le tue gambe”.
La grandezza di Mario era che lui c’era sempre ed era per tutti, così come i suoi consigli e i suoi insegnamenti, di cui non era geloso. La grandezza di Mario è e sarà sempre che lui c’è sempre ed è per tutti.
Grazie Mario
Alberto

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