Spettacoli
12 Febbraio 2017
La vedova del musicista argentino in visita a Ferrara ricorda il grande artista del novecento

Piazzolla e il linguaggio universale del tango

di Redazione | 3 min

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Ferrara e Astor Piazzolla sono legati da un filo invisibile che lo studioso di musica latino-americana Hugo Aisemberg comincia a tessere fondando proprio in città una associazione culturale dedicata al compositore italo-argentino. Sono così fiorite collaborazioni non solo con il Teatro Abbado, che da anni dedica a Piazzolla diversi appuntamenti – il prossimo in aprile, ma anche con il Conservatorio, la biblioteca Ariostea e il Jazz Club. La vedova del grande musicista, la signora Laura Escalada Piazzolla, è presidente onorario dell’associazione ed è in città proprio in questi giorni.

La incontriamo durante una visita-saluto con il direttore del Teatro Dario Favretti, a cui è invitata anche la stampa. Lei parla un italiano quasi perfetto, e parla del grande musicista disegnandone i tratti più umani – “era dolce e adorabile e con poco senso del pericolo”, ricorda – come si dovesse ricordare che uno dei più grandi compositori del ‘900 era, prima di tutto, un uomo.

“Astor era molto italiano, soprattutto nel mangiare, gli piaceva il basilico” racconta divertita Escalada-Piazzolla, riportando alla mente diversi aneddoti che concede ai giornalisti con grande naturalezza: “come quella volta, era alla fine degli anni ’70, che mi invitò a cena e mi chiese se mi piacesse l’aglio. Gli risposi che sì, certo che mi piaceva l’aglio. Non è molto romantico, lo so, ma da allora non ci siamo mai lasciati”.

L’uomo, ma anche il compositore e l’interprete, il genio “che sapeva di fare le cose per bene ma non era consapevole di essere Piazzolla”. Quanto in Argentina era impensabile toccare – il tango – Astor Piazzolla l’ha preso per mano e l’ha fuso ai ritmi blues ma l’ha anche restituito alla sua anima nativa, gli ha tolto la rigidità dei quattro quarti, l’ha ripulito da quell’aria triste che si portava addosso. “Il tango di Astor parla anche di gioia, di sentimento, di amore, è un linguaggio universale”, spiega Escalada-Piazzolla. Sono oltre 3000 le partiture – brani, opere, concerti – scritti dall’italo-argentino che a Buenos Aires “non riusciva a resistere più di una settimana”; e sono partiture che possono essere suonate da qualsiasi strumento: melodie universali, capaci di parlare a un pubblico eterogeneo di accademici e di profani.

“Astor è un caso quasi unico nella Storia”, fa sapere il Maestro Aisemberg, “era eccezionale”. Anche i suoi detrattori dovevano arrendersi al suo genio, “uscendo con la coda tra le gambe dopo averlo visto suonare, perché lui e il suo strumento erano un tutt’uno, vederlo era qualcosa di affascinante”, racconta la signora Piazzolla.

Universale e trascendente, la musica di Piazzolla ricorre oggi in tutti i grandi festival di musica e continua ad appassionare, soprattutto i giovanissimi. “Ho incontrato tredicenni con la fisarmonica che suonavano Libertango con un trasporto fuori dal normale”, confessa con emozione la signora Laura, “e rimango sempre senza parole: Astor diceva sempre che scriveva per la gente dell’avvenire, ed è proprio così. Se volete conoscerlo, ascoltatelo”.

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