Lettere al Direttore
15 Ottobre 2016

Dopo Albertazzi e Poli se n’è andato anche Dario Fo

di Redazione | 4 min

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FO riceve il Nobel nel 1997L’anno bisestile che sta volgendo melanconicamente al termine, ci ha lasciato orfani di tre tra i migliori cervelli e talenti italiani non solo teatrali, ma intellettuali a tutto tondo a cavallo dei due secoli e tutti e tre ben noti al pubblico frequentatore da decenni di teatri ferraresi, non solo del Comunale, ma pure della Sala Estense e del Nuovo: il primo è stato Paolo Poli, scomparso il 25 marzo, ad 86 anni – per lui la Sala Estense fu per anni il suo palcoscenico –  il secondo Giorgio Albertazzi, deceduto il 28 maggio scorso a 92 e ieri è mancato Dario Fo, drammaturgo, attore, regista, scrittore, pittore, insomma artista poliedrico, vincitore di Premio Nobel per la letteratura nel 1997: è stato l’ultimo italiano a riceverlo.

Aveva 90 anni.

Era ricoverato da 12 gg., all’ospedale Sacco di Milano, per una progressiva patologia pneumologica.

Famoso per i suoi testi di satira politica e sociale e per l’impegno politico con la moglie Franca Rame, Fo aveva portato per la prima volta in scena “Mistero buffo” in un originale linguaggio teatrale, il grammelot,  che trova le sue radici nelle improvvisazioni giullaresche e nella Commedia dell’Arte del più puro Settecento, con i suoi canovacci, i suoi plots semi-improvvisati, bellissimi nella loro geniale creatività, ma anche nella onomatopeia, con una sorta di musicalità plurilinguistica davvero ‘solo sua’, di Fo.

Ha lavorato e dipinto fino all’ultimo.

Aveva da poco finito di scrivere il suo ultimo libro “Quasi per caso una donna, Cristina di Svezia” ed aveva presentato pochi giorni fa il penultimo dedicato a “Darwin”.

Il premio più alto va dato senz’altro ai membri dell’Accademia Svedese che hanno avuto il  coraggio di assegnare il, Nobel ad un giullare” – aveva detto l’Attore, a suo tempo, ricevendo il Nobel, aggiungendo che ” il riso non piace al potere“.

E: “Il mio più grande maestro, dopo Molière, fu Angelo Beolco detto il Ruzante, entrambi disprezzati perché portavano in scena il quotidiano, la gente comune, l’ipocrisia e la spocchia dei potenti, facendo ridere.

Nato a San Giano (Va), Fo studiò all’Accademia di Brera (Mi) e cominciò a lavorare nel 1950 per la Rai da cui venne fatto allontanare per motivi politici.

Nel 1954 sposò Franca Rame, énfant prodige nata sulle assi del palco teatrale, figlia d’arte di attori; con lei condivise per 60 anni impegno politico e teatrale e con lei condivise pure oltre 40 processi, perseguitati per molto tempo per la loro libertà di vita, di pensiero, di professione.

Negli anni Settanta, entrambi spesso presenti sulle scene ferraresi, fu negato loro il recitare nei luoghi ‘dati allo spettacolo pubblico’ – come si usava dire un tempo ed a Ferrara dovettero ‘teatralmente’ accontentarsi, proprio in quel periodo, della palestra di un istituto superiore,

il Pacinotti, il cosiddetto ITIP, ma anche lì ricevettero una grande offesa: ad un certo punto mancò la luce in sala, un boicottaggio a tutti gli effetti per la loro grande arte scenica, ma loro, imperterriti, continuarono la recitazione, ben consci  ed al…buio.

Forse, uno dei loro spettacoli più noti, Pum Pum! Chi è? La Polizia! venne ‘ispirato’ da questo episodio che non fu, di certo, l’ultimo.

Franca l’ha ‘preceduto’ 3 anni fa: un grande sodalizio d’amore, di passione civile, teatrale, professionale e politica, un rapporto dialettico, virtuoso, polemico, ma sempre ben vivo: “Abbiamo cercato di ridere fra noi, di noi, se non ci siam riusciti col pubblico, ecco perché il nostro rapporto bellissimo, è durato per così tanti anni. E poi, per lei, ‘tutto’ era teatro, DNA compreso – aveva dichiarato in una melanconica intervista di recente Dario.

La camera ardente sarà allestita al Piccolo Teatro di Milano venerdì dalle 12 alle 24 e poi sarà riaperta sabato dalle 8.30: il teatro gli renderà omaggio con un ricordo affidato agli attori in scena nelle sue sale.

La salma sarà poi portata in Piazza Duomo dove sabato si terrà un rito civile.

E’ stato un gran finale e se ne è andato, ha resistito, continuando a lavorare fino al ricovero  – ha detto Jacopo il figlio, ricordando le ultime ore del padre.

Maria Cristina Nascosi

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