Eventi e cultura
27 Dicembre 2015
Alla Sala Estense ricca chiusura per la rassegna letteraria

Da Govoni a Simoni, ultima serata con Autori a Corte

di Redazione | 7 min

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Ultima serata per Autori a corte, il format letterario con degustazione da un’idea di Edizioni La Carmelina e Associazione Charles Bukowski. La versione natalizia si ambienta alla Sala Estense, inaugurata nel gennaio 1917 come teatro e cinema, con la declamazione di una poesia di Govoni.

Proprio il poeta è protagonista della prima presentazione attraverso la raccolta “Govoni 50” (La Carmelina) presentata dal curatore Matteo Bianchi con la giornalista Eleonora Rossi, lo scrittore Edoardo Penoncini e lo storico dell’arte Lucio Scardino.  Il testo è composto di tre parti: la prima ospita contributi critici, la seconda contributi creativi, mentre la terza sezione raccoglie sei inediti già licenziati.

“Abbiamo cercato – spiega il curatore – di accompagnarla con voci corali che hanno studiato Govoni e che hanno provato a parlare di lui, tra cui Pierluigi Casalino, Emilio Diedo, Raimondo Galante, Davide Grandi, Marco Gulinelli, Filippo Landini, Rita Marconi, Rita Montanari, Matteo Pazzi, Roberto Pazzi, Massimo Roncarà, Riccardo Roversi e Valerio Tartari, oltre a Scardino, Rossi e Penoncini. Govoni, vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, eredita bagaglio di D’Annunzio e Pascoli, attraversa il futurismo arrivando alle soglie dell’ermetismo senza davvero diventarne parte. Poeta prolifico e scevro di possibili etichette – vasta la produzione letteraria che comprende duemila componimenti – del realismo ma amplificatore della realtà, frequentatore della superficie di ciò che tocca con le parole ma sempre magnificandolo con stupore ed entusiasmo che mai perderà, neppure a seguito delle vicende personali che lo priveranno del figlio Aladino e lo porteranno a ritirarsi nella provincia romana, prendendo debita distanza dalla Roma dei salotti. Si sofferma proprio al ritorno al suo antico amore per la terra – il paesaggio campestre di Tamara , la silenziosa e ingrigita Ferrara – Eleonora Rossi: “Spesso si nasce in un posto senza sospettare che ci siano voci così moderne, che sanno creare un senso di straniamento così totale. Govoni è poetà a sé, pieno di armonia ma presta voce alle dissonanze: pettine sdentato, nota sghemba: qualcosa che faccia rumore o sia malato.  Ferrara in Govoni è apparenza avvilente, malata; nel suo grigio ci sono gradazioni di tristezza infiniti ma bellissimi, confermandosi «sepolta serra» quasi antropomorfa. Nell’ultima parte, una sezione di inediti donati dal figlio Ariele, bancario, a Scardino.

“Incitamento alla politica” (La Carmelina) di Sergio Gnudi, giornalista e scrittore alla sua nona opera poetica, è il secondo appuntamento sul palco, moderato dal giornalista Fabio Ziosi. La poesia può ancora essere strumento di comunicazione: l’instant book di Gnudi nasce da una analisi disillusa della contemporaneità, conservando la speranza. “L’Italia è paese di poeti santi e navigatori. Passi per i secondi, ma ho molti dubbi sul primo. In tutti i paesi occidentali la poesie è importante quanto la narrativa, un poeta è importante quanto un narratore: in Ialia purtroppo non è così. Per tutta l’Europa, chi è poeta ha il dono della sintesi nell’esprimere eozioni che ogni altro scriverebbe per pagine e pagine. In Italia non esiste cultura della poesia. Secondo me, la colpa del fatto che non c’è cultura della poesia è del petrarchismo, che ha portato la distruzione della poesia. Io ho la fortuna di scrivere anche libri per ragazzi: se sei un noioso insegnante che insegna miti greci o sulla resistenza, è difficile appassionare gli studenti: ma se riesci ad avere il giusto approccio allora sì, e ciò vale anche per la poesia, che è un modo per affrontare la vita e le situazioni che la narrativa e la saggistica, pur nella loro grandezza, non possono assolutamente dare.” Scelta temeraria ma consapevole, quella dello scrittore, che riprende temi di garndi poeti del passato, tra cui Properzio; e che sceglie una copertina la copertina del suo testo riprende quella di una raccolta copertina di Pablo Beruda, che nelle sue poesie incitava a uccidere Nixon. Il libro è anche e soprattutto incitamento a vedere un modo per fare qualcosa, per rappresentare se stessi e la realtà; un modo di dire che la politica è una cosa nobile. L’attrice Elena Felloni legge alcune delle poesie, tra cui “Oh Bardo”, “Un abbraccio possibile” e “A Mauro”, dedicata a Mauro Cavallini, ultimo segretario dei democratici di sinistra della Margherita.  Importante nella poesia è l’utilizzo di dare sensazioni, così come lo è utilizzare correttamente le parole per creare emozioni. Importante

Alle 21 è il momento del piatto forte della serata: Marcello Simoni presenta “La cattedrale dei morti” (Newton Compton). La giornalista Cinzia Boccaccini intervista lo scrittore comacchiese, a partire da un excursus sulla scrittura, da sempre vista come mezzo di evasione e arricchimento che diventa, nei suoi best seller, occasione per costruire storie articolate e sempre originali.

“Io scrivo per intrattenimento, ma anche la narrativa di genere è ottimo strumento per dare sfogo alla inventiva interiore di una persona: libri come «Il corsaro nero» e «Pinocchio» sono finestre sui mondi paralleli. Già da ragazzino scrivere mi faceva sentire bene, mi faceva mettere alla prova là dove altri giocavano a calcio; e ora sono fortunato, perché posso portare avanti il mestiere che amo”. Nei suoi romanzi, storia e finzione procedono di pari passo, giocando sapientemente tra storia e finzione.

“Le mie storie sonno inventate ma verosimili: sono cose che non sono vere ma sarebbero potute succedere in un passato ben preciso”. Fondamentale il momento delle ricerche storiche, in cui il giallista si avvale della pregressa esperienza lavorativa come bibliotecario, degli studi in campo umanistico e delle assortite letture da ragazzino, dai fumetti a Lovecraft passando per Hesse. Aspetto che colpisce dei suoi libri è la precisa caratterizzazione dei personaggi, anti-manzoniani per eccellenza nella loro imperfezione ma sempre in grado di attirare l’attenzione.

“Nei romanzi storici – spiega – spesso si prende un personaggio e ci si ricama sopra: cavalieri, monaci e soldati non sono né buoni né cattivi, possono essere rivestiti di tinte differenti. A volte sono proprio loro a condurre lo scrittore in una direzione precisa, a decidere la trama. E io metto un po’ di me in tutti i personaggi, buoni e cattivi, sfruttando il mio cono d’ombra e rendendoli il più possibile umani e credibili. La stessa Ferrara era ricca di sfumature sociali, inquietanti, che creano scenari perfetti per i delitti. Ecco perché ho corso il rischio di scrivere romanzi storici su Ferrara e su Pomposa, ospite della stupenda abbazia che tutto il mondo ci invidia.”

Simoni affascina il pubblico raccontando la bellezza di un mestiere che comprende la scrittura, ma trascende da essa abbracciando tutta la filiera dello scrittore: la fase che precede la pubblicazione del libro, la ricerca, l’apparato iconografico e la grammatura della carta.

Chiude l’incontro l’anticipazione del prossimo libro già consegnato all’editore, “L’abbazia dei cento delitti”.

Ultimo spazio dedicato a Paolo Franceschini, presentato dal fratello Nicola, giornalista di Telestense “Ho vissuto – Il mio cammino di Santiago” (La Carmelina), è il racconto che il musicista e comico ferrarese consegna alle stampe dopo avere percorso la strada verso il luogo di culto.
“L’ho fatto per curiosità, per cimentarmi in una iniziativa ciclo-turistica. Il viaggio è semplice, si possono trovare molte vie e iniziative. Sono partito da solo, a fine maggio. Avevo pianificato il viaggio in 70/80 km al giorno, che ci fosse neve, sole, freddo o caldo, con il solo riscontro delle cartine. Ma naturalmente le altimetrie si fanno sentire dal vivo più che sulla cartina, e la differenze tra uno sportivo e una pippa sta proprio lì”, scherza. Franceschini affronta la via francese, il sentiero più battuto, affrontando vari cambi di mezzi – aereo, treno, pullman e di soggiorni, tra l’improbabile albergue paroquial e il confronto in una sola stanza con altre 24 persone, nella migiore tradizione di ostello universitario, aggiornando di sera il blog e tenendo il telefono in modalità aereo per fotografare senza però essere raggiunto; tra aneddoti scherzosi e personaggi che lasciano il segno: dalla coppia che affronta il cammino da Lisbona per arrivare all’udienza con papa Francesco al tedesco che affronta la via per chiedere la grazia calcistica destinata alla sua squadra del cuore, al cinquantasettenne cuoco che decide di rimettersi in gioco e ricominciare da capo per finire con il gruppetto che si carica la croce sulla schiena, percorrendo a piedi l’intera strada.

Termina con una breve e divertente sessione musicale, del tutto intonata alla serata: “Io non ho fatto nulla di speciale, ogni ann questo cammino lo affrontano circa 200.000 persone; né avevo necessità di espiazione o di ricerca di me stesso. Tra avventure geografiche e incontri che mi hanno colpito, per i motivi più disparati – racconta – ho cominciato a rispondere alle persone curiose che io nella vita mi diverto, faccio quello che mi rende felice. E questo per me è l’importante”. Importante è anche che il ricavato del libro sarà devoluto al benefico Progetto Aurora.

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