Eventi e cultura
5 Ottobre 2015
Il libro “Mi sa che fuori è primavera” presentato durante il Festival di Internazionale

Concita De Gregorio racconta la tragedia di Irina

di Redazione | 2 min

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WP_20151003_20_24_19_Prodi Francesco Altavilla

C’è una tecnica in Giappone, chiamata Kintsugi, attraverso la quale si riparano oggetti in ceramica colando nelle fratture un metallo prezioso, oro o argento. Gli oggetti diventano così più forti, più preziosi ed unici.
“Mi sa che fuori è primavera” (Feltrinelli), ultima fatica letteraria di Concita De Gregorio, è servito ad uno scopo simile: tentare di aiutare una persona, Irina, a rimettere insieme i suoi pezzi, dopo la più terribile delle disgrazie.

La fuga del marito, Mathias con le due figlie, Alessia e Livia, gemelle. Pochi giorni dopo il suicidio di lui e la scomparsa delle bambine. “Nella nostra lingua non c’è una parola che descriva la condizione del genitore che ha perso un figlio” ha ricordato l’autrice durante la presentazione del libro nel giardino di Palazzo Roverella, durante il festival di Internazionale, sabato.

Una “parola che è scomparsa, ma che c’era” ha precisato la De Gregorio, riferendosi all’ebraico (shakul, ndr.), all’arabo (thaakil, ndr.) ed al sanscrito (vilomah, ndr.). La storia di Irina che l’autrice ha dichiarato di essersi limitata “a far uscire”, a “farla esistere ancora”, perché “sono le parole a dare senso al nostro vissuto”, è dunque frutto dell’incontro tra due donne.

Un incontro che ha dato vita a questa raccolta di pensieri, riflessioni e lettere, all’apparenza irregolare e scomposta, come i cocci di un vaso rotto, ricomposti grazie alla magia della parola scritta. Un itinerario non lineare che mentre narra la storia di Irina, ma che in controluce ne racconta tante di più. Il primo passo per far fare al dolore quel passaggio lungo “due spanne o poco più” dal cuore alla mente, perché anche Irina diventi più preziosa, più bella ed unica, dopo aver rimesso insieme i pezzi.

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