Politica
7 Giugno 2015
Il criminologo Varese e il costituzionalista Veronesi si confrontano su pregi, limiti e rischi della nostra forma di governo

I difetti della democrazia che scoprono il fianco alla mafia

di Redazione | 3 min

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unnamed (24)di Francesco Altavilla

Neanche a farlo apposta l’incontro “Democrazia, capitalismo e mafia”, parte del ciclo “La democrazia come problema”, si è tenuto all’indomani degli arresti inerenti alla seconda tranche dell’inchiesta “Mafia capitale” che sta svelando, qualora ce ne fosse stato bisogno, il livello di infiltrazione mafiosa nelle istituzioni e negli enti locali. Promossa dall’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara insieme con l’Istituto Gramsci, la conferenza ha avuto come relatore il professor Federico Varese, docente di criminologia all’Università di Oxford, che ha dialogato con il Paolo Veronesi, professore di diritto costituzionale all’Università di Ferrara.

Proprio Veronesi ha constatato che alcuni elementi della democrazia possano prestare il fianco ad un infiltrazione, anche solo interstiziale, della criminalità organizzata. “Un sistema elettorale locale e nazionale a vocazione proporzionale che preveda le preferenze multiple, insieme con un sistema politico che consenta la transumanza da una formazione ad un’altra” sono elementi che, a parere di Veronesi possono favorire l’insediamento delle mafie nel sistema. Una presenza che Veronesi ha però tenuto a precisare, tanto in Italia quanto in altre parti del mondo, non è legata esclusivamente alla forma di Stato democratica, come dimostrato dal breve excursus storico sulla mafia siciliana, che dalle origini dello Stato liberale è proseguito attraverso il ventennio fascista approdando alla democrazia del secondo dopoguerra. L’idea di Paolo Veronesi è che “più una democrazia funziona, gli apparati statali sono efficienti, i sistemi elettorali garantiscono l’alternanza e i servizi vengono adeguatamente erogati a chi ne ha bisogno, allora la realtà mafiosa avrà difficoltà ad insediarsi”.

Tuttavia è sotto gli occhi di tutti il fatto che anche in condizioni economiche, sociali e politiche “stabili” possono crearsi “sacche di affari” che possono essere insidiate dal “malaffare” per la mancata risposta delle istituzioni. “Sembra si debba giungere ad un cul de sac, in cui ogni aspetto della nostra società è potenzialmente soggetto a penetrazioni da parte della criminalità organizzata – ha proseguito Veronesi – quindi torna la domanda: che fare?”.

Federico Varese ha ricordato come la criminalità organizzata, la mafia “preferisca il mondo di mezzo, una democrazia controllabile e comprabile” dal momento che un regime compiutamente democratico “sovverte gli equilibri di potere esistenti” tanto quanto il totalitarismo che “può fare a meno della mafia”. La teoria presentata dal criminologo è che “il radicamento del fenomeno mafioso sia il prodotto di una transizione al mercato tarda e incompiuta in cui la mafia si propone come entità che può governare questa transizione”. Le analogie proposte da Varese tra il sorgere della mafia in Sicilia nei primi decenni dell’800 e la genesi della yakuza in Giappone durante l’era Meji hanno chiarito questo aspetto. L’avvento della politica di massa è un’altro aspetto che ha favorito lo sviluppo e il radicamento del fenomeno mafioso, “l’estensione del diritto di voto ha dato accesso ad un mercato illegale vastissimo: quello delle preferenze elettorali” ha precisato Varese.

In conclusione, la teoria del professor Varese, pare essere che la criminalità organizzata prosperi laddove avviene una “transizione al mercato” repentina, imperfetta e mal governata dall’autorità statale, ma anche quando l’allargamento della democrazia, cioè del diritto di voto, non è correlato ad un sistema elettorale che limiti al minimo le possibilità di pratiche assimilabili al “voto di scambio”. “Da evitare ­ ha proseguito Federico Varese citando lo studio “Golden and Chan” ­ è il sistema proporzionale “open list”, in cui il rischio di corruzione aumenta proporzionalmente alla grandezza dei collegi elettorali”.

In conclusione Federico Varese ha precisato il ruolo che la società civile può tenere nei confronti del fenomeno mafioso, “può fare paura una società civile consapevole, ma non può far tutto, occorre un sistema giudiziario e un apparato istituzionale in grado di intervenire tempestivamente, per non lasciare alcuno spazio al proliferare del fenomeno mafioso”. Come ha voluto concludere il professor Veronesi, citando Corrado Alvaro: “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”.

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