Cronaca
6 Maggio 2015
Contro la sperimentazione Unife viene richiamato il regolamento comunale del 2008

Stabulario, gli animalisti non mollano

di Redazione | 5 min

OLe associazioni animaliste non mollano la presa sullo stabulario dell’Università di Ferrara e fanno compiere un salto di qualità alla protesta contro l’utilizzo di animali per la sperimentazione e contro l’ampliamento dello stesso stabulario, chiedendo con urgenza di riunire la Consulta comunale delle associazioni tutela degli animali e di ottenere un incontro con il presidente del Consiglio comunale e con i capigruppo consiliari.

La richiesta è stata inoltrata al presidente della Consulta, l’assessore Chiara Sapigni, e ai diretti interessati (presidente del consiglio Girolamo Calò e capigruppo), informando anche il sindaco Tagliani e il direttore dell’Unità operativa attività veterinarie dell’Ausl, Chiara Berardelli. L’intento degli animalisti è duplice: da una parte vorrebbero essere messi a conoscenza degli esiti del sopralluogo effettuato recentemente presso lo stabulario da parte dei Nas, dall’altra si propongono di coinvolgere l’intero Consiglio comunale sollecitandolo a prendere coscienza del problema e a dare attuazione ai principi che lo stesso Comune aveva espresso, “ma mai portato avanti”, attivando un tavolo tra Comune e Unife.

Come fanno notare le associazioni animaliste firmatarie della richiesta (A coda alta, Animal Defenders, Avedev, Enpa sezione di Ferrara, Gata, Lav Ferrara, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, Lipu Ferrara e Oipa Ferrara), nel Regolamento comunale approvato dal Consiglio il 24 novembre del 2008 viene stabilito che “Il Comune di Ferrara intende proseguire l’impegno affinché nel suo contesto territoriale siano introdotte per le attività che prevedono l’utilizzo di animali vivi a scopi sperimentali metodologie scientifiche sostitutive all’utilizzo degli animali vivi. In questo senso, si impegna a dare concreta attuazione ad un Protocollo d’Intesa con l’Università degli Studi di Ferrara per il non utilizzo degli animali vivi a scopo didattico”. “Cosa ha fatto il Comune – domandano gli animalisti – per applicare questo articolo di un Regolamento che esso stesso si è dato? Pare proprio il nulla. Che cosa aspetta? Che cosa ne pensano i vari esponenti politici del Consiglio Comunale? Non sarebbe forse ora, dopo 7 anni di vita del Regolamento, di darsi una mossa”?

Modena l’ha appena fatto, riferiscono le associazioni animaliste, sottoscrivendo fra il Comune e l’Università di Modena e Reggio Emilia un protocollo nel quale viene concordato il termine della sperimentazione dei 16 macachi utilizzati del dipartimento di Neuroscienze della Facoltà di Medicina e la prossima liberazione degli stessi. “E’ anche vero – aggiungono – che l’Università ha ribadito che la ricerca andrà avanti in futuro, ma per ora viene sospesa per due anni, per dedicarsi all’analisi dei test effettuati, proseguendo su un unico esemplare inserito in modo “irreversibile” nella sperimentazione. Per intanto, 16 di loro finiranno le sofferenze della sperimentazione. Ed è già un primo importantissimo risultato. Secondo il rapporto Eurispes Italia 2014 ben l’ 81,6% degli italiani è contrario alla vivisezione mentre è favorevole ad essa solo il 16%. In Italia, sono 900.000 gli animali utilizzati per la sperimentazione, e ben 12.000.000 in tutta Europa. Sono dati che debbono far riflettere tutti, anche chi amministra una città. Se ci è riuscito il Comune di Modena, ci chiediamo cosa avrebbe dovuto fare quello di Ferrara, che si era impegnato in tal senso, e da molti anni, con un proprio Regolamento, che dovrebbe essere “legge” per le Autorità Comunali”.

Segue, a rafforzare l’urgenza e l’importanza della richiesta, tutta una serie di motivazioni di carattere sia etico che scientifico a sostegno della tesi animalista sull’opportunità di interrompere la sperimentazione su animali e sostituirla con metodi alternativi. “Gli esperimenti – spiegano le associazioni – sono sempre dolorosissimi: gli animali vengono immobilizzati, sottoposti a continui prelievi ed operazioni chirurgiche, che si teme possano essere svolti anche senza anestesia. Il caso dei macachi è esemplare di quanto dolore e stress siano conseguenze inevitabili nel corso della sperimentazione a cui sono sottoposti: la fase sperimentale vera e propria della ricerca in cui sono coinvolti presso l’Università di Ferrara è preceduta da interventi chirurgici che consistono nell’apertura del cranio con perforazione delle meningi e della corteccia cerebrale, per impiantare elettrodi nonché una camera di registrazione e un sistema di fissaggio della testa al fine di tenerla immobile. Questi primati non umani, sono altamente gregari e necessitano della vita in comunità e in gruppi familiari, condizione che in laboratorio viene loro negata poiché ogni individuo viene segregato all’interno di gabbie singole di dimensioni inferiori a 1 m3. Al termine delle procedure sperimentali gli animali vengono sempre e comunque soppressi, o come si dice in ambito scientifico “sacrificati”, con dose letale di barbiturici o di Tanax, perché irrecuperabili. Oltre che dal punto di vista etico, questi esperimenti sono inaccettabili anche dal punto di vista scientifico. Sempre riportando l’esempio dei macachi non si può ignorare che il cervello di una scimmia non è il cervello di un uomo (diversa è l’estensione della corteccia cerebrale nonché la localizzazione delle aree sensitive e motorie) e che questi metodi invasivi e cruenti possono essere sostituiti facilmente dallo studio diretto del cervello umano con metodi totalmente precisi e indolori quali la risonanza magnetica che è in grado di fornire immagini neuroanatomiche altamente definite. Una vera tortura e ingiustizia, nonché un errore metodologico a livello scientifico, contro cui si battono da sempre le associazioni per la tutela animale italiane, ma anche a Ferrara, e in particolare negli ultimi mesi con numerose iniziative promosse dall’Associazione Animal Defenders, che ha anche organizzato nella nostra città nell’ottobre 2014 una importante e partecipata manifestazione, a conferma che i cittadini maturano sempre più un “sentimento popolare” su tale crudele pratica, di cui le Istituzioni non possono più non tenerne conto”.

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