Cronaca
25 Aprile 2015
Agenti della guardia di finanza e funzionari Inps in tribunale per spiegare le modalità della truffa da oltre otto milioni di euro

Coop fraudolente, le fiamme gialle confermano le accuse

di Ruggero Veronese | 3 min

guardia finanza 2Entrano in scena gli ufficiali della guardia di finanza e i funzionari dell’Inps nel processo per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale nato da un’indagine che ha portato le fiamme gialle fino a Trapani, dove hanno sede legale le circa 20 società cooperative al centro dell’inchiesta.

Cooperative attive nei settori della pulizia e del facchinaggio, e associate attraverso due consorzi dell’alto ferrarese che secondo la procura avrebbero sottratto alle casse dell’erario e della cassa previdenziale più di otto milioni di euro, grazie alle false fatturazioni prodotte da alcune ‘cartiere’ (società fittizie utilizzato per produrre fatture inesistenti) con sede in Sicilia.

Un’indagine terminata con il sequestro di otto milioni di euro tra beni mobili e immobili e ripercorsa ieri in tribunale durante le testimonianze degli agenti delle fiamme gialle di Ferrara e Mazzara del Vallo. Che hanno spiegato al collegio presieduto dal giudice Marini le modalità della presunta associazione a delinquere messa in piedi da quattro dei 18 imputati, che si sarebbero serviti di numerosi prestanome (ora alla sbarra per omesso versamento Iva) per gestire dal dietro le quinte società apparentemente indipendenti. Il meccanismo della presunta frode avrebbe consentito agli imputati di sottrarre all’erario milioni di euro attraverso i consorzi, che dopo essersi aggiudicati appalti e lavori fatturavano direttamente alla società committenti i servizi, neutralizzavando l’iva a credito grazie alla fatturazione passiva delle coop associate. Entravano quindi in gioco le cooperative, che non versavano alcun importo o contributo a fronte della fatturazione attiva nei confronti dei consorzi.

Al processo, in veste di parte civile, partecipa anche l’Inps, che lamenta danni economici per 360mila euro: secondo le rilevazioni della cassa previdenziale, confermate ieri mattina da un funzionario chiamato a testimoniare dal pm Nicola Proto, le cooperative utilizzavano lo strumento della mobilità per acquisire agevolazioni fiscali dopo il licenziamento dei dipendenti, che venivano però semplicemente ‘trasferiti’ da una cooperativa all’altra.

Tesi che vengono rigettate con forza dai difensori degli imputati, che sostengono di poter dimostrare in giudizio che le coop erano tutt’altro che fittizie e che, pur avendo sede legale in Sicilia, avevano sedi operative anche in Emilia-Romagna dove erano chiamate a eseguire i lavori. Secondo l’avvocato Pasquale Longobucco, difensore di tre delle persone alla sbarra per associazione a delinquere, eventuali omissioni nei versamenti Iva non farebbero parte di alcun disegno criminoso, ma potrebbero risultare come illeciti amministrativi o al limite come singoli episodi con rilievi penali. Altra possibilità è quella – ma in questo caso occorrerà affrontare l’analisi dei bilanci delle società in tribunale – di un mancato versamento dovuto a difficoltà economiche e alla necessità di pagare i dipendenti. Ma per far luce su questi aspetti occorrerà aspettare la fine di maggio, con la ripresa del processo.

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