Cronaca
15 Aprile 2015
Società di manutenzione sul banco dei testimoni: "Nessuna opera di bonifica nel capitolato dell'appalto"

Morte di legionella: “Nessun piano di prevenzione al Sant’Anna”

di Ruggero Veronese | 2 min

sant'anna psEsisteva o era in vigore un protocollo per la prevenzione dalla legionella all’ex ospedale Sant’Anna, quando nell’ottobre del 2011 una paziente contrasse il batterio e morì di tromboembolia polmonare? È attorno a questa domanda che è ruotata l’ultima udienza del processo che vede alla sbarra, con l’accusa di omicidio colposo, i due medici Ermes Carlini e Paola Antonioli, colpevoli secondo la procura di Ferrara e l’avvocato Alessandro Gabellone (parte civile per conto dei familiari della vittima) di non aver garantito le condizioni igieniche necessarie per evitare infezioni nella struttura ospedaliera.

È questo uno dei due punti fondamentali del processo, che dovrà anche fare chiarezza sul nesso – reale o presunto – tra la morte della donna e l’infezione da legionella che le fu riscontrata nel sangue. Durante l’ultima udienza il pm Nicola Proto ha chiamato sul banco dei testimoni due responsabili delle ditte che nel 2011 avevano in gestione la manutenzione degli impianti nell’anello di Corso Giovecca, per chiarire quali misure di prevenzione fossero in vigore all’epoca dei fatti

Misure negate dal direttore della ditta Siram, che ha affermato che l’appalto di manutenzione degli impianti che avevano sottoscritto con l’azienda Sant’Anna non prevedesse nel suo capitolato alcun controllo contro la legionellosi. La ditta si limitò ad adempiere ai propri obblighi di legge, eseguendo le analisi nelle zone a rischio esposizione (ad esempio filtri per l’aria condizionata o torri di evaporazione dell’acqua) per i propri dipendenti, come previsto dalle normative antinfortunistiche e per la sicurezza. Il dirigente Siram ha dichiarato che la società può effettivamente eseguire servizi di prevenzione da legionella, ma che si sarebbe trattato di un servizio aggiuntivo per l’appalto al quale l’azienda ospedaliera non si dimostrò interessata.

Restavano quindi esclusi dal trattamento tutti gli impianti dei dipartimenti sanitari dell’ospedale, ai quali la Siram e la società Olicar (che aveva in subappalto alcune parti di capitolato) non avevano accesso diretto e per i quali non erano competenti. Concetti confermati anche da un dirigente della seconda ditta, che ha risposto alle domande del pm affermando che “per quanto è a mia conoscenza, nessuno della direzione dell’ospedale ci ha mai chiesto di eseguire questo genere di bonifiche”. Le uniche misure di prevenzione riferite dal testimone erano quelle prese di propria spontanea iniziativa dall’ingegner Beccati dell’azienda ospedaliera, che a volte in orario notturno scaldava l’acqua degli impianti fino a 70 gradi per abbattere gli eventuali livelli di contaminazione. “Ma il punto – sostiene Gabellone – è che in quel periodo non c’è mai stato un vero e proprio programma di valutazione del rischio contro il batterio da legionella”.

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