Codigoro. Dalla condanna per induzione e favoreggiamento della prostituzione al processo per detenzione di materiale pedopornografico. Non si fermano i guai giudiziari per il 50enne codigorese G.C., già al centro nel corso degli ultimi anni di un’inchiesta della procura di Bologna per aver convinto dal 2002 al 2004 una ragazzina, all’epoca appena 16enne, ad avere rapporti sessuali di gruppo per poi avviarla, una volta diventata maggiorenne, sulla via della prostituzione in locali per scambisti. Un processo terminato nel 2013 con la condanna a sei anni e mezzo per G.C. e l’assoluzione dei suoi quattro presunti complici (tre ferraresi e un mantovano di età compresa tra i 40 e i 60 anni) ma anche con l’apertura di una nuova inchiesta per detenzione di materiale pedopornografico.
Durante la prima indagine infatti gli inquirenti acquisirono una vasta raccolta di materiale digitale dai computer degli indagati, nei quali furono rinvenute centinaia di immagini e video pornografici. Buona parte dei quali ritraevano, secondo la procura, ragazze minorenni in pose e atteggiamenti inequivocabili.
Mentre un processo arrivava alla conclusione del primo grado di giudizio, partiva quindi una seconda inchiesta sul 50enne codigorese e sul suo amico e concittadino, giudicato non colpevole nel primo procedimento e assolto anche ieri dal tribunale di Ferrara. Lo stesso non si può dire per G.C., condannato in primo grado nel 2013 per induzione e favoreggiamento della prostituzione. In quella circostanza il tribunale lo condannò in primo grado a sei anni e mezzo. Ieri il processo figlio di quello del 2013, che ha visto soccombere ancora l’imputato: il verdetto parla di sei mesi di pena per il materiale pedopornografico trovato nei suoi supporti informatici.
Una sentenza contro la quale l’avvocato Raffaella Spadoni, legale di entrambi gli imputati, preannuncia già un futuro ricorso, sottolineando ancora una volta i concetti espressi durante l’arringa. In primo luogo l’impossibilità di accertare, in assenza di una relativa perizia, sia l’età delle ragazze presenti nelle foto, sia l’identità di chi effettivamente scaricò i file sul computer. Un punto reso ancora ancora più incerto, secondo l’avvocato, dalla presenza nei dischi rigidi di alcuni virus e malware che potrebbero aver ‘infettato’ i computer con materiali illegali.