Mesola. Erano impegnati in una sessione di pesca di frodo, attrezzati anche con alcuni elettrostorditori illegali, quando sono stati colti sul fatto dai carabinieri di Mesola e dagli agenti della polizia provinciale, che hanno fermato l’attività illecita e denunciato i responsabili per diversi reati legati al bracconaggio.
I protagonisti della vicenda sono sette pescatori di frodo di origine rumena, che ieri erano intenti in una battuta clandestina tra le acque del Po. Hanno però dovuto fare i conti con l’intervento delle forze dell’ordine, che negli ultimi mesi hanno intensificato i controlli sulle acque fluviali per contrastare il commercio di prodotti non certificati e potenzialmente dannosi per la salute.
La pesca di frodo – soprattutto nelle modalità con cui operavano le persone denunciate – rappresenta però anche una concreta minaccia per l’ecosistema del basso ferrarese, che rischia di andare incontro a un drastico calo degli esemplari ittici nelle acque del Po. Un fenomeno simile a quanto già è avvenuto tra le acque del Danubio, che in seguito a una sregolata attività di pesca ha subito un notevole impoverimento della sua fauna. E in particolare preoccupa l’utilizzo di elettorstorditori, apparecchi dotati di una resistenza elettrica che viene immersa in acqua per tramortire i pesci nelle vicinanze, di norma considerati come fonte di crudeltà per la fauna ittica.
La pratica della pesca di frodo è ormai talmente diffusa che i bracconieri sono soliti dividersi in varie squadre, con alcune vedette posizionate sugli argini per avvertire il gruppo dell’arrivo delle forze dell’ordine. Una tecnica inutile però in questa occasione, dal momento che le forze dell’ordine sono riuscite ad acciuffare anche i complici prima che lanciassero l’allarme alle imbarcazioni.
Alla fine le persone denunciate sono state sette, alle quali sono state inflitte sanzioni pecuniarie per oltre 4mila euro per le infrazioni alle condizioni igieniche degli ambienti e delle attrezzature utilizzate per le attività connesse alla produzione primaria di alimenti, oltre che per non aver notificato l’attività svolta alle autorità competenti e per aver prodotto alimenti privi di documentazione di tracciabilità e provenienza. La tempestività dell’intervento ha consentito di rimettere in acqua tutto il pesce vivo pescato, mentre l’attrezzatura impiegata è stata posta sotto sequestro.