Politica
19 Luglio 2014
Eleonora Mazzoni e Corrado Melega riflettono sul tema della procreazione assistita

Donne in guerra con le cicogne

di Redazione | 3 min

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Lo spazio riservato ai dibattiti, all’interno della Festa dell’Unità “Democratika” da Barco, ha dedicato la serata di ieri alla riflessione sulla procreazione medicalmente assistita, tematica complessa e sfaccettata che si è articolata a partire dalla presentazione del libro di Eleonora Mazzoni “Le difettose”. L’opera “delicata e profonda, leggera e amara” nasce dalla penna della attrice e scrittrice per la “necessità di descrivere qualcosa che stavo vivendo”: così Eleonora Mazzoni conosce un “esercito di donne – spiega la stessa scrittrice, interrogata dalla coordinatrice provinciale Conferenza Donne PD Ferrara Caterina Polmonari – che su internet parlano della difficoltà di avere un figlio”, e la sua storia personale si ritrova nelle vite di altre, tanto che elementi squisitamente autobiografici finiscono per appartenere ad un intera comunità.

Dalle bibliche Sara e Rachele passando per “Yerma” di Garcìa Lorca e le più classiche tra le fiabe, il problema della maternità è sviscerato e raccontato attraverso la storia di Carla e di mille altre donne che parlano un linguaggio proprio in cui “incigognarsi” significa “restare incinta”: l’universo femminile è indagato nel profondo perché “mai se ne parla davvero, e invece la maternità è un archetipo enorme”. I personaggi maschili del romanzo restano volutamente al margine, perché è la donna a dover essere rivelata nella sua “assenza di rassegnazione davanti all’impossibilità di procreazione”, nella sua complessità, e analizzato è “quanto ci sia di indotto nel volere avere un figlio, quanto invece è lasciato alla propria volontà”.

Il senso di vergogna e colpa si insinua nelle vite di Carla e di quante, di fronte al biologicamente programmato, non riescono a portare a termine quello che è considerato un compito: alla richiesta risponde il doloroso e difficile percorso della fecondazione assistita. “Preferisco si usi il termine fecondazione artificiale – sottolinea Eleonora Mazzoni – perché davvero l’uomo si fa artifex, artefice della propria vita, non si sostituisce a Dio, corregge la natura”: se dunque, per l’autrice, il problema religioso non sussiste perché la fecondazione eterologa “deve inserirsi all’interno di una visione evolutiva della società”, il danno, piuttosto, è da ricercare all’interno della lacunosità legislativa.

L’introduzione della legge 40 ha infatti “causato un peggioramento importante, causando grandi fallimenti”: per Corrado Melega, coordinatore Percorso Nascita Regione Emilia-Romagna, è una “legge cattiva che danneggia lo Stato laico il quale, in materia, si pone come Stato morale” e nonostante la Corte Costituzionale ne abbia comprovato l’incostituzionalità e sono numerose le sentenze ad averla “smembrata”, la legge 40 non risponde “alla salvaguardia della coppia, di qualsiasi tipo essa sia”. La maternità pare infatti diventata “un privilegio più che un diritto universalistico”, e questo per demerito dei ‘veri difettosi’: la politica, i medici, la stessa semplicistica linea di pensiero che vuole la fecondazione assistita come “capriccio”.

Diversi sono gli interventi di un pubblico sempre partecipe, e la riflessione si dirama ad affrontare il rapporto maternità-lavoro, dai preoccupanti dati Istat (che indicano oltre 800000 donne costrette alle ‘dimissioni in bianco’) alla proposta di legge della Senatrice PD Rita Ghedini (assente all’incontro per impegni non procrastinabili) in materia di politiche a tutela del periodo post-gestazione. “Le difettose” è dunque specchio di una realtà iniqua e ristagnante in cui, nel silenzio di molti, vivono donne estranee ad uno standard forte, “non conformi – evidenziano la scrittrice e la moderatrice Polmonari – all’immagine data della maternità”, che affrontano un ‘difetto’: questo può essere “ossessione ma anche opportunità, quando lo si accetta come consapevolezza”, quando si pone fine al quella che in molti casi diventa corsa disperata perché, nonostante artefici, si è consci del limite e si accetta, come la protagonista Carla, di “fermarsi qui”.

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