Attualità
6 Luglio 2014

Rutto libero #6 i quarti

di Redazione | 10 min

“Ho sentito che ai mondiali giocano i quarti. Ma come fanno a essere tutte quarte le squadre? E primo chi c’è?”

I commenti sui mondiali delle donne al bar al mattino sono un grande modo per cominciare le giornate. Molto meglio dei miei che dovrete sorbirvi ancora per poco, tranquilli.

 

 

Le partite:

 

Francia – Germania 0-1 (12’ Hummels)

Il celebre detto coniato da Gary Lineker sui tedeschi (vedi post precedente) colpisce ancora: la Francia gioca, la Francia è bella, la Francia crea occasioni, la Germania vince. Sul lungo periodo di un torneo pur breve come un Mondiale, escono le squadre che hanno i campioni che risolvono le partite (vedremo più giù l’Argentina) o quelle che difendono bene e sfruttano le palle inattive, come il Brasile e, appunto, la Germania. Ma gli uomini di Deschamps escono a testa altissima dal torneo: hanno mostrato bel gioco, un fenomeno (Pogba), una conferma in attacco (Benzema), una sorpresa per i non avvezzi alla Ligue 1 (Valbuena) e una sorpresa in assoluto (il terzino Debuchy, mai espresso su questi livelli). La Germania, pur orfana di una pedina fondamentale come Stefano Bizzotto (migliore in campo agli ottavi), andava in vantaggio alla prima e unica occasione (se si escludono i contropiedi finali sprecati da Schurrle) con una punizione fiondata in area dalla trequarti mancina e sfruttata dal difensore Hummels con movimento e spizzata da consumato centravanti. Poi tanta Francia, ma una Germania che dava sempre una totale sensazione di solidità (e vai di luoghi comuni su automobili ed elettrodomestici). Nel finale Neuer strozzava in gola l’urlo a Benzema per un meritato pareggio con una parata apparentemente fortunosa, ma complicatissima: legnata dalla sinistra e deviazione a mano aperta senza scomporsi con voli plastici. Fermo, petto in fuori, braccio teso, tedesco. Potrebbe essere una descrizione che rimanda a dittatori e gerarchi del secolo scorso, ma sto solo parlando della parata di un grande portiere, tranquilli. Non dovendo incontrare l’Italia (salvo ripescaggi clamorosi che richiamerebbero in campo la nostra Nazionale la quale, con i giocatori in vacanza, dovrebbe schierare i giornalisti Rai, il latitante Cesare Battisti e i turisti sessuali, unici italiani ancora in Brasile) la Germania può davvero vincere il suo quarto Mondiale.

Migliori in campo:

Debuchy (Francia) voto 8: come detto, un Mondiale della Madonna. Il miglior esterno destro di difesa visto in Brasile. Angloma bianco.

Hummels (Germania) voto 8: dalla top 11 del Mondiale che stilerò dopo la finale, non lo leva nessuno, neanche dovesse farsi sei autogol da qui alla fine. Un centrale elegante, che sa impostare come il ruolo richiede oggi, ma sa anche marcare a uomo come uno stopper vecchia maniera. Bisognerebbe mostrare un dvd di una sua partita a Bonucci su come si fa ciò che lui tenta di fare coprendosi di ridicolo. Con Thiago Silva il top mondiale nel ruolo. Segna un gol da bomber vero. Seta e carta vetrata.

 

Brasile – Colombia 2-1 (7’ T. Silva, 68’ David Luiz, 80’ Rodriguez)

La costante di questo Mondiale è che ci sono tante squadre che giocano da dio, con giocatori fortissimi, ma alla fine, di riffa o di raffa, vincono quelle col nome più grosso. Tranne l’Italia ovviamente. Così il Brasile meno brasiliano mai visto in campo nella storia, vince in modo utilitaristico e cinico sfruttando la sciolta da prestazione degli uomini di Pekerman, fin qui da panico, che alla prima avversaria con una difesa seria si sono sfaldati come un bif su una graticola.

Pronti, via e subito i verdeoro – allenati dall’ex Assessore allo Sport di Ferrara Luciano Masieri – andavano in gol sugli sviluppi di un corner con Thiago Silva in libera uscita che si ritrovava solo come un cane e all’altezza del secondo palo insaccava di adduttore. Poi tanto Brasile che costringeva il monumentale Maryone Yepes a una prestazione da Franco Baresi e il golero Ospina a due parate non semplici su Hulk il quale, come Maurizio Costanzo negli anni ’80, usa camicie Dinoerre Collofit. In tutto il primo tempo nemmeno una conclusione da parte dei colombiani (e un colombiano che in 45’ non tira fa proprio strano). Il motivo è triplice: Cuadrado a destra non è in giornata, Ibarbo a sinistra è costretto a fare il terzino per tamponare Maicon e il centravanti Gutierrez è troppo molle data l’abitudine alle generose difese argentine che incontra con il suo River Plate (infortunatosi il bomber Falcao, forse era meglio puntare su Martinez del Porto, più adatto contro la difesa “europea” del Brasile). Così la stella James Rodriguez predicava nel deserto, pur predicando bene. Nel secondo tempo David Luiz raddoppiava con un piattone su punizione da casa sua cogliendo impreparato Ospina sul suo palo di competenza. Il rigore di Rodriguez serviva solo a portarlo a 6 reti nella classifica marcatori e a constatare il colpo da maestro dell’arbitro Carballo che risparmiava a Julio Cesar un rosso lapalissiano (un portiere che falcia un avversario dentro l’area piccola è SEMPRE chiara occasione da rete, condizione sufficiente per l’espulsione diretta) per non inguaiare ulteriormente i verdeoro già orfani in pectore di Thiago Silva (squalificato) e Neymar (deceduto). E i brasiliani vanno, per amore o per forza, trascinati da una difesa memorabile e nonostante Fred, al cui confronto Bernardo Corradi era Pippo Inzaghi. Capitolo Neymar: vi ricordate la storiella di “al lupo, al lupo”? Ecco. Neymar cade con la stessa facilità e la stessa frequenza con cui mio nonno Raoul nomina Dio invano. Ma se le bestemmie di mio nonno hanno quasi sempre ragion d’essere (anche solo come intercalare per reggere il suo personalissimo filo sintattico), le cadute di Neymar no. Lo guardi e stramazza. Lo colpisci a una spalla e lui fa presagire una inevitabile amputazione del piede destro. Tira una folata di vento e lui rotola per decine di metri come le palle di sterpaglie nel west. Ecco perché quando Zuniga gli ha tirato una ginocchiata (non cattivissima, dai) nel coccige incrinandogli per davvero una vertebra lombare, nessuno gli ha creduto e ha dovuto raggiungere il pronto soccorso più vicino strisciando come una corbola da pastura. Mondiale finito? Non ci giurerei: stiamo sempre parlando della Nazionale che nel ’98 spedì in campo Ronaldo dopo una crisi epilettica.

Migliori in campo:

Thiago Silva (Brasile) voto 9: il miglior difensore della galassia. E segna pure. X-man.

Yepes (Colombia) voto 8: capitano, mio capitano. A trentotto anni fa ancora la differenza con un senso della posizione da veterano quale è e una freschezza atletica da ventenne. Aveva anche segnato un gol (annullato giustamente). Immortale.

 

Argentina – Belgio 1-0 (8’ Higuain)

I diavoli rossi multietnici di Wilmots (tolto nonno Van Buyten) hanno un’età media bassissima e se non iniziano a drogarsi e a frequentare night club, fra quattro anni in semifinale (almeno) c’arrivano in carrozza. L’ho detto. Ma evidentemente i tempi non sono maturi e contro l’Argentina ha prevalso la freddezza dell’albiceleste, tipica caratteristica di chi non ha gioco ma, tra vecchie volpi e fuoriclasse, la spunta sempre. Succedeva così che la rete decisiva scaturiva da un errore a centrocampo dei belgi, una discesa di Di Maria, un rimpallo che faceva carambolare la palla a Higuain e un tiro immediato, inaspettato, perfetto, da vedere e rivedere per la coordinazione e la purezza del calcio alla boccia dopo una torsione con la gamba d’appoggio che a me avrebbe fatto saltare tre menischi in tribuna: il Pipita si sbloccava in questo Mondiale e dava così ragione a Ciribiribì Kodak Sabella, cocciuto nel lasciarlo fisso in campo. Il predominio a centrocampo dei belgi era netto per tutto il match con i Cugini di campagna Fellaini e Witsel a far strippare il povero Mascherano quando attaccavano e a ingabbiare Messi (spesso e volentieri a pedate) in fase di non possesso. La differenza la faceva Di Maria che, dopo il match ball agli elvetici, scorrazzava a tutto campo come fosse un ustionato alla ricerca di un laghetto. Ma la supremazia tattica del Belgio rimaneva sterile a causa della scarsa vena di Hazard e della mancanza di un vero bomber (Origi e Lukaku, anche oggi alternatisi, pur ottimi attaccanti, mancano di killer instinct). Nel finale Higuain scheggiava la traversa dopo aver coglionato Company e Messi, libero e felice come una farfalla, non riusciva a sfatare il tabù Courtois (a cui non ha mai segnato nemmeno in Spagna), legittimando così la maggiore maturità della Selecion che non incanta, è Messi-dipendente, ma che anche oggi ha dato una sensazione di compattezza e spirito di squadra notevoli. Dopo un Mondiale vinto da solo da Maradona (’86) e uno vinto da solo da Videla (’78), che sia la volta di un Mondiale vinto dalla squadra?

Migliori in campo:

Witsel (Belgio) voto 7,5: costruisce, s’inserisce, conclude, si attacca agli avversari come una “grapela” e quando ha la palla fa sempre la cosa giusta. Gran Mondiale. Factotum.

Di Maria (Argentina) voto 8: lo scugnizzo magro di “Gomorra” approfitta degli spazi lasciati dai quindici o sedici belgi che stanno su Messi e sguscia inarrestabile a tutto campo. Il gol parte dai suoi piedi. Meglio che Ciribiribì Kodak Sabella accenda un cero grosso come un platano per farlo guarire in tempo per la semifinale. Anguilla.

 

Olanda – Costarica 4-3 d.c.r. (0-0)

Ci avevamo sperato un po’ tutti dai. Per due motivi: l’innata tendenza a schierarsi dalla parte dei più deboli (ma mi raccomando: solo nello sport, guai al mondo nella vita) e la ricerca disperata di un alibi per la serie “ci hanno battuti i semifinalisti, vedi che non siamo poi così scarsi?”. E invece la favola della Costarica è finita, come per il Camerun di Milla e N’Kono del ’90 contro l’Inghilterra di Lineker e Gascoigne, alle porte di una semifinale che avrebbe avuto del prodigioso. Come già ripetuto in precedenti post, la Costarica del colombiano Pinto (il Mazzone del nuovo mondo) sa solo difendersi, ma lo fa in maniera – oltre che organizzatissima – quasi “letteraria”. Le partite della Costarica sono state tutte eroiche, da calcio d’altri tempi: tutte contro squadre più blasonate se non proprio più forti – e certamente più avvezze a contesti del genere – affrontate con una linea di cinque difensori e quattro centrocampisti infilzati da barre di metallo come gli omini del calcino davanti all’area, un Robinson Crusoe (Campbell) a fare da estremità avanzata e raggiunto dai compagni solo tramite cartoline e all’apice opposto del campo un autentico fenomeno a difendere la porta a costo di rimetterci la vita (Navas). Ma l’Olanda è pazzesca e ha meritato senza discussioni. Gli oranje di Van Gaal (sosia del cantante Paul Young, fonte Bertelli, nda) prendevano d’assalto la metà campo costaricana con una trentina di invasati a pile duracell e, nelle rare occasioni in cui non venivano brutalizzati dai gagliardi centramericani, si schiantavano regolarmente contro i guanti, il corpo, i piedi, i capelli, le orecchie di Keilor Navas. Dove non arrivava in numero uno del Levante arrivavano i legni della sua porta (un palo e una traversa sempre di Snejider) come ideale emanazione del proprio corpo. Un Robben inaudito seminava avversari correndo a piedi nettamente più veloce di quanto facesse Massa con la Ferrari e costringeva regolarmente al fallo i malintenzionati ingaggiati da Pinto. Centoventi minuti di assedio infruttuoso con la beffa rischiata nel finale quando Bolanos in contropiede veniva stoppato dal portiere olandese Cilessen (fino a quel momento seduto comodamente a sfogliare “Di più Tv” di Sandro Mayer sorseggiando una gazzosa) con un intervento decisivo. E al 121’ Van Gaal entrava a suo modo nella storia sostituendo lo stesso povero Cilessen con la sua riserva Krul solo per i rigori finali: non era mai accaduto a memoria d’uomo. Tutto il mondo ha pensato “’sto Krul sarà un grande pararigori”, ma i numeri dicono che ‘sta faccia da babbeo in tutta la carriera ne ha parati solo 2 su 32 a fronte degli 0 su 16 del collega titolare. Boh. Resta il fatto che ne parava due, Van Persie e compagni erano perfetti e Van Gaal arrivava in semifinale grazie al suo grandissimo Krul.

Migliori in campo:

Robben (Olanda) voto 8,5: è in uno stato di grazia fisico impressionante. Miglior giocatore di tutto il torneo finora. Se l’Olanda vince il Mondiale devono dargli due Palloni d’oro in un colpo. Velociraptor.

Navas (Costarica) voto 8: al contrario di quel pagliaccio di Ochoa del Messico, questo è un portiere vero e non una sedia con i guanti baciata dagli dei per un mese. In tutto il mondiale ha giocato sei ore subendo un solo gol su azione. Da grandissima squadra. Vola mio Miny Pony.

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