Cronaca
1 Maggio 2014
Il pentito palermitano, teste chiave per la trattativa Stato-mafia, ammette le sue responsabilità ma rivendica la collaborazione con la procura

Truffa acciaio, Ciancimino: “Ho sbagliato, non sono innocente”

di Redazione | 3 min

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massimo-ciancimino-400x222 (1)“Ho sbagliato, non posso dichiararmi innocente e me ne scuso con tutte le persone che cercano di sostenermi”. Massimo Ciancimino “confessa” il proprio ruolo all’interno della maxi-frode sul commercio di acciaio e rende merito alla procura di Ferrara – in particolare al pm Nicola Proto – per il lavoro compiuto. Il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo (noto soprattutto per essere il testimone chiave dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia) non nega le proprie “seppur parziali” responsabilità penali, ma rivendica anche la collaborazione fornita alla procura di Ferrara per ricostruire l’accaduto e individuare 20 nuove persone (rappresentanti legali o titolari di società) ora iscritte nel registro degli indagati.

La confessione di Ciancimino giunge spontanea e inaspettata alle redazioni dei quotidiani, direttamente dall’indirizzo e-mail che usò in passato per contattare i propri ‘complici’ nella frode. Il  pentito usa parole di elogio per tutti gli inquirenti  coinvolti nel caso, ad eccezione del procuratore di Bologna Roberto Alfonso, “che un anno fa emise un ordine di custodia cautelare nei miei confronti, nonostante l’inchiesta fosse stata chiusa ben tre anni prima da un’altra procura”.

Ciancimino si descrive sia come complice che come vittima della truffa dell’acciaio: “Sono stato coinvolto in questa inchiesta perchè ho subito una truffa – afferma il pentito -, questo è innegabile ed è stato anche ribadito dai diretti interessati. Dopo un attento confronto con il dottor Proto, persona straordinariamente preparate e laica nei suoi giudizi (per chi non lo conoscesse è il Pm che ha fatto condannare i poliziotti per l’episodio del pestaggio del giovane Aldrovandi, subendo molte critiche ed attacchi talvolta anche inutili ed inopportuni dalle forze dell’ordine), che ha condotto i miei interrogatori dopo che il Gip di Bologna e ha riportato il processo nella sua giusta sede, ho capito che in merito a questa inchiesta ho anche io le mie, seppur parziali, responsabilità. Responsabilità tra le altre cose da me anche ammesse in fase di interrogatorio e che hanno consentito ad gli inquirenti anche di allargare l’indagine”.

Ciancimino è indagato per una maxitruffa con cui varie imprese specializzate nel commercio dei metalli sarebbero riuscite, attraverso raffinati trucchi contabili e false fatturazioni, a commettere un’evasione fiscale da circa 130 milioni di euro. Ma afferma di essere finito all’interno di questo sistema solo per cercare di recuperare le somme che gli erano state sottratte con l’inganno. “Io ho sbagliato, non posso dichiarami innocente – afferma il pentito -, me ne scuso con tutti quelli che provano a sostenermi e ai quali ho l’obbligo di massima sincerità e trasparenza. Anche se il mio intento era quello di recuperare le somme che mi erano state sottratte con l’inganno, non dovevo avallare con il mio silenzio, anche e soprattutto per il ruolo che oggi ho, il raggiro delle società per frodare il fisco. Non ho mai guadagnato un euro da tutta questa vicenda e le carte lo provano: ne ho persi ben 500mila circa, ma eticamente e moralmente non posso che condividere l’imputazione che non “denunziare o prestarsi” anche al solo fine di recuperare le proprie somme non è consentito dalla legge. Sono pronto se condannato a pagare come sempre per i mie sbagli, non mi sono mai sottratto e mai mi sottrarrò al giudizio di qualsiasi tribunale. Ho già scontato due mesi di misura cautelare, mentre chi con una condanna definitiva senza avere fatto neanche un solo giorno di carcere, continua imperterrito a minare e minacciare giudici e tribunali”.

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