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6 Aprile 2014
Il Mart di Trento e Rovereto ospita la mostra internazionale a cura di Gerardo Mosquera

Come perdersi nel paesaggio contemporaneo

di Redazione | 5 min

 

di Maria Paola Forlani

“Il paesaggio mi distoglie dalle mie riflessioni. È bello e pertanto chiede di essere contemplato”. Con queste parole, Franz Kafka voleva forse relegare la rappresentazione artistica della natura nel dominio della percezione sensoriale in contrapposizione con la ragione.

Il verde brillante di un prato cui John Constable o gli impressionisti univano diverse tonalità cromatiche per accentuare l’intensità dell’impressione visiva, un cielo coperto di nubi, o l’insolita penombra che avvolge un paesaggio in tempesta, o ancora i monti che svaniscono nella bruma all’orizzonte, oppure un minuscolo viandante perso in riva al mare o i cosiddetti grandi paesaggi panoramici, che da una prospettiva a volo d’uccello offrono allo sguardo una sovrabbondanza di dettagli, nei quali l’orizzonte si allarga ad abbracciare interi continenti mentre l’occhio vaga su ogni possibile formazione naturale, nei boschi, nei campi e nei prati, in ambienti selvaggi o civilizzati, sullo sfondo dei quali catene montuose e insenature invitano a volgersi al nostro intelletto, ma fa appello al nostro entusiasmo emotivo coinvolgendoci in affascinanti esplorazioni visive.

Senza dubbio la pittura di paesaggio risponde a uno sviluppo storico della percezione sensoriale e della sensibilità, e in tal senso si inserisce in una storia della recezione. Ma non solo. Il paesaggio in quanto soggetto artistico non turba in alcun modo i nostri processi mentali, anzi favorisce la riflessione, anche quando i nostri pensieri sembrano opporre una certa “resistenza” ai suoi stimoli superficiali. Nella maggior parte dei casi, il paesaggio si rivela uno schermo di proiezione dotato di una vasta profondità di campo sul piano simbolico. Spesso i paesaggi artistici non mirano a rispecchiare, in maniera più o meno mimetica, il variegato e multicolore ambiente naturale o, a volte, il suo degrado.

Il Mart, museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto presenta Perduti nel paesaggio/ Lost in Landscape, un grande progetto dedicato al paesaggio contemporaneo e ai suoi molti significati: spazio, ambiente, territorio, luogo in cui si vive e da cui ci si allontana. Paesaggio naturale e paesaggio urbano. La mostra a cura di Gerardo Mosquera, affronta il tema attraverso le opere di oltre 60 artisti provenienti da tutto il mondo, molti dei quali mai presentati in Italia. In mostra oltre 170 fotografie, 84 opere pittoriche, 10 video, 4 video-installazioni, 4 installazioni, 4 interventi contex specific, 1 progetto web specific, 1 libro d’artista.

Non è certo un eden quello raccontato nelle sale del Mart, e neanche un nuovo genere artistico, bensì uno sguardo appassionato e sofferto sul mondo, che scopre necessariamente anche i suoi angoli più drammatici e contraddittori. Gerardo Mosquera scrive infatti nel testo del catalogo (Edizioni Mart) che il significato del termine “paesaggio” definisce nello stesso tempo “sia la percezione di un determinato luogo, sia la sua rappresentazione”, rendendo inseparabili fra loro l’oggetto dal soggetto, l’ambiente dal suo abitante. Oggi, nella concezione del paesaggio del nostro tempo, il grado di soggettività della percezione, infatti coinvolge i protagonisti attivi delle trasformazioni del territorio, ovvero, quelle strutture e coloro che agiscono su di esso e ne definiscono la stessa nozione, ormai allargata a tutto ciò che ci circonda, dalle autostrade alle foreste, dalle metropoli agli ambienti naturali.

La mostra intreccia tre differenti livelli di lettura: in primo luogo esaminare la propensione umana ad appropriarsi dell’ambiente e ad identificarsi e dialogare con esso, che si plasma in qualsiasi rappresentazione del paesaggio. Il secondo livello di lettura è quello di affrontare il paesaggio non come genere artistico ma come mezzo per la costruzione di un senso. Infine, il terzo punto, è di offrire al visitatore un’esperienza al contempo estetica e di riflessione mediante le opere esposte e il loro rapporto e la loro articolazione nello spazio espositivo.

Vissuto e costruito, contemplato e utilizzato, il paesaggio è dunque inseparabile dall’uomo. Infatti, nel percepire, conoscere e descrivere il paesaggio, l’uomo è al tempo stesso oggetto inscritto nella realtà e soggetto esterno e narrante. Un dualismo che si evidenzia per esempio nelle fotografie di Ben Bien-U. In questo lavoro l’artista fotografa un pineto dal suo interno e il paesaggio raccontato non è solo un panorama, una vista, una veduta. Gli alberi folti sembra quasi che circondino e incombano sull’osservatore-artista, mentre in realtà è proprio lui a offrirci la sua autonoma e intima visione del bosco.

Nelle immagini fotografiche di Richard Mosse è presente un forte contrasto tra l’immagine di un paesaggio irreale, dalle tinte fiabesche, e la violenta presenza delle truppe militari che trasforma completamente il significato dell’immagine. I colori squillanti, dovuti all’uso di una pellicola militare agli infrarossi, condizionano la percezione dell’immagine di questi meravigliosi luoghi fotografati nell’est del Congo, dove invece ha prevalso dolore e violenza.

La nostra esperienza, cultura e stato sociale allora non smettono di condizionare il modo in cui percepiamo e organizziamo il paesaggio. Gabriel Orozco ricrea questa visione direttamente nella strada, nella periferia, costruendo una piccola città nella città: rifiuti e materiali trovati sul luogo concorrono ad una rappresentazione effimera, povera dell’ambiente metropolitano.

La mostra si apre con “The microwave sky as seen by plank” la prima immagine completa dell’universo, catturata con telescopio satellitare Plank. Si tratta di una rappresentazione che delineando il paesaggio totale, descrive la più ambiziosa appropriazione dell’ambiente mai realizzata. L’immagine dell’universo è accostata all’antico Disco Celeste di Nebra (1.600 a.C.) che è invece la prima sua rappresentazione conosciuta. La raffigurazione di un paesaggio assoluto, conferma il desiderio di sfidare l’infinito e l’espansione permanente del cosmo, contenendolo, descrivendolo, possedendolo.

Il viaggiatore conosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà (Italo Calvino).

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