Cento
12 Febbraio 2014
Arpa scoprì una vasca di zincatura senza autorizzazione ambientale. Ma per la difesa fu un errore in buona fede

Impianto abusivo in azienda, condannato imprenditore centese

di Redazione | 2 min

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admin-ajax (2)Pieve di Cento. Condannato a nove mesi di arresto e a 30 mila euro di pena pecuniaria (tra multa e ammenda) per un impianto di zincatura ritenuto abusivo dalla magistratura. Il protagonista della vicenda è il titolare e rappresentante legale della ditta Zincatura Malagodi, a Pieve di Cento, che non è riuscito a convincere il tribunale della propria buona fede nel commettere l’illecito.

Il tutto nasce da un sopralluogo dell’Arpa nell’estate del 2011, in seguito al quale gli ispettori sequestrarono una delle vasche per la pulitura dei metalli presenti nell’azienda. Secondo i tecnici dell’ente di controllo l’imprenditore avrebbe richiesto l’autorizzazione integrata ambientale (Aia) solo per due impianti, ma non per l’ultimo, ritenuto quindi irregolare.

Un reato ambientale che più che provocare danni al territorio configura un illecito amministrativo: secondo l’avvocato Gianni Ricciuti, difensore dell’imputato, l’azienda avrebbe infatti richiesto i permessi per il totale della metratura dello stabilimento (circa 1500 metri quadrati), ma l’Aia che seguì prevedeva solamente due vasche per la zincatura. La linea difensiva ha puntato quindi soprattutto sul dimostrare la buona fede dell’imprenditore, che accompagnò i tecnici Arpa durante il sopralluogo conducendoli anche a visionare il macchinario “incriminato”. L’ente di controllo decise quindi di sequestrare la vasca, decisione poi annullata dal Tribunale del Riesame, in seguito alla richiesta di Ricciuti, per garantire la continuità lavorativa all’azienda.

Il tribunale di Ferrara non ha però creduto alla buona fede dell’imputato nel richiedere le autorizzazioni ambientali,condannandolo a 9 mesi di arresto, 15 mila euro di multa e altri 15 mila euro di ammenda. Ma la difesa intanto dà già per scontato il ricorso: “Cercheremo di far valere la nostra tesi in appello – afferma Ricciuti -, dal momento che l’azienda aveva richiesto le autorizzazioni ambientali per tutto lo spazio dello stabilimento”.

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