Occhiobello
1 Dicembre 2013
Al Teatro Comunale di Occhiobello 'Nostra Italia del miracolo', la storia del nostro secondo dopoguerra

Il Novecento di Camilla Cederna

di Redazione | 2 min

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Francesca Padovan1di Federica Pezzoli

Occhiobello. Per Maura Pettorruso e Giulio Costa, che ne cura drammaturgia e regia, portare venerdì 29 novembre Nostra Italia del miracolo a Occhiobello è stato un po’ come tornare a casa: lo spettacolo tratto da Il mio Novecento di Camilla Cederna (BUR) è infatti una co-produzione TrentoSpettacoli-Arkadis, la stessa associazione culturale che cura la stagione teatrale del comune rodigino. In più, per l’occasione, tra il pubblico era presente il nipote della celebre firma milanese, Giuseppe Cederna, anch’egli attore e scrittore. Al termine della rappresentazione, in un breve incontro con la platea, ha confessato di essersi “emozionato nel rivedere questo spettacolo coraggioso che mette insieme articoli e dubbi, incertezze personali” della zia Camilla.

Giuseppe Cederna l’ha descritta come “un personaggio che ha attraversato la storia d’Italia con occhio veloce ma attento”, mentre Maura e Giulio sono rimasti colpiti dalla “forza dirompente” del suo lavoro, derivante “dalla capacità di scegliere alcune parole piuttosto che altre”. Per questo, afferma Maura, l’aspetto dello spettacolo su cui hanno lavorato di più “è stato come rendere quella parola descrittiva ma scritta sulla scena”.

Il risultato è un’implacabile contro-storia d’Italia, attraverso i ritratti che la giornalista dell’Europeo e dell’Espresso fa dei suoi protagonisti. Il primo articolo a cui Maura dà voce è del settembre 1943, processo e condanna per aver denigrato il regime fascista. Poi Toscanini, che sembra ringiovanire sotto i suoi occhi mentre dirige, lo schivo Strehler e il Fellini travagliato di 8 e ½, di cui la Cederna ha seguito tutta la lavorazione diventando per il regista una sorta di consulente-confidente, le conversazioni sull’arte contemporanea con De Chirico, il burrascoso carteggio con Montanelli e l’intervista con Enzo Ferrari, “gentile ma diffidente”, o quella con Silvio Berlusconi, la prima concessa dal Cavaliere.

Francesca-Padovan-2Il tono si fa cupo al momento delle pagine sul “massacro” di Piazza Fontana, del colloquio con Licia Pinelli e dello scritto sulle responsabilità del commissario Calabresi. Ma c’è spazio anche per il boom economico, le eccentricità dei salotti borghesi, l’esperienza al giro d’Italia. Poi, quasi d’improvviso, l’irruzione di riflessioni private: i dubbi sulle proprie capacità di cronista, a tratti vere e proprie lezioni di giornalismo, “documentarsi, raccogliere cento per scrivere dieci”, e le difficoltà da affrontare come donna, come quel litigio con il compagno che non voleva farla partire per gli Stati Uniti.

Uno spettacolo essenziale, rigoroso, sferzante come lo è stata la sua protagonista.

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