Attualità
7 Marzo 2013

La speranza è già morta

di Redazione | 5 min

Se fosse tragica, ci si siederebbe al tavolo programmatico per fronteggiare i problemi. Ma non lo è forse abbastanza, o semplicemente dai piani alti il maremoto di uno tsunami senza precedenti è ancora sotto controllo.

Non si tratta di discutere adesso su uno “spread” altalenante, neppure sul lavoro, su finanziamenti pubblici ai partiti e ai giornali, nuove elezioni, e neanche su qualsiasi altro problema sociale e di sviluppo. Ma come si può anche solo minimamente pensare a queste tematiche se qui non c’è neanche un barlume di speranza di portare a compimento un’alleanza per salvare un paese nel più totale dissesto finanziario e sociale? qui s’assiste continuamente ad un battibecco infantile da persone non responsabili che non hanno ancora ben capito che a breve, questo imponente maremoto giungerà fino ai loro lussosissimi attici.

Abbiamo un leader che a tutti costi, pur non rappresentando che ¼ della forza politica del paese, pur avendo fallito nella sua facile impresa cantando vittoria prima di toccare il campo di battaglia, crogiolandosi su convinzioni sondaggistiche da mondi paralleli di Steven Spielberg, non intende neppure lasciare il posto a chi avrebbe avuto sicuramente maggior seguito, non solo! Neppure tra di loro è possibile trovare dei punti di incontro! Nel suo immaginario ha vinto, stop. E lui, con il carisma di un agnello da cortile, deve formare il nuovo governo composto da nuovi elementi sovversivi, liberali, riformisti e conservatori. Un po’ come avere in un ovile tigri, capre, giraffe e ippopotami, dove le capre cercano di ragionare sui confini con le tigri piuttosto di trovare alleanze più probabili con animali più pacifici. E comunque, sarebbe un governo fatto di bestie senza criterio alcuno. Poi abbiamo un leader sconfitto, artefice e reduce di 10 anni di scandali che hanno reso l’Italia nel mondo il simbolo della corruzione, il simbolo della meritocrazia delle belle gambe e dei banchetti orgiastici degni dei più tristi scenari baccanali del più fervido Ovidio. Non solo! Adesso costui si fa da parte per cercare di “salvarsi il culo” da uno dei molteplici processi che lo vedono in prima fila in tribunale (quando si presenta), lasciando così sbrogliare i fili di una matassa disordinata al suo più fedele schiavo che tenta d’ aprire le trattative con il finto leader vittorioso a colpi di insulti, comunque ben risposti anche dall’altro lato.

Poi abbiamo il buon vecchio Monti, a metà strada tra l’insensibile sceriffo di Nottingham e un babbuino sciamano del villaggio, che dall’alto di una saccenza “bocconiana”, che ha trascinato con maestria il paese nel baratro tassando piccole, medie e grandi imprese allo stesso modo, per non parlare di tasse impossibili rivolte anche a chi non riusciva nemmeno a mettere il piatto in tavola, non solo ha impoverito il paese ma ha anche bloccato totalmente l’economia. E’ di ieri infatti la notizia Istat che vede il 65% delle famiglie italiane versare in condizioni di povertà, costrette addirittura a non poter comprare neppure più la carne abituandosi a regimi alimentari deformanti. Il 65% è una cifra spaventosa, raccapricciante, dove anche il celebre Mario Bava avrebbe provato sgomento ed inquietudine cronica.  Ma questo è nulla se si pensa alle 1000 imprese al giorno chiuse nel 2012 che viste in un anno, formano un jackpot da 360 con altri 3 zeri.

Poi abbiamo il Grillo parlante, anzi, urlante fino all’ultimo giorno della campagna elettorale e tacente dal giorno dopo dei risultati elettorali che lo vedono protagonista indiscusso di una storia senza né prefazione né capitoli, di un libro dalle pagine bianche venduto nelle migliori librerie a prezzi fuori misura. Gli esponenti del partito, con i neo eletti deputati e senatori, preferiscono riunirsi massonicamente in sale convegni di alberghi, mandando in rete sui loro canali ufficiali le intere e discutibili discussioni dove per lo più ci si presenta come avviene nelle trasmissioni di Maria de Filippi. Ascoltando un po’ di interviste fortuite televisive ai membri del “non partito”, ci si trova dinnanzi a persone laureate sì, probabilmente anche con il massimo dei voti, ma che credono addirittura alle teorie economiche complottiste di Adam Kadmon di Mistero, che probabilmente hanno vissuto finora troppo sul web e poco nella vita reale spacciando addirittura per tesi ufficiali, quelle riguardanti i numeri esoterici che coinvolgono la caduta delle torri gemelle.

Infine abbiamo la cricca Casini-Fini e il resto del battaglione armato di fionde e qualche balestra con dardi narcotizzanti, anche loro ritirati in un disperato silenzio, dove addirittura il buon Gianfranco s’accorge d’aver vissuto fino a questo momento nell’ombra di Giorgio Almirante, il cui suo unico sbaglio fu nominarlo erede d’un grande partito portato allo sfaldamento dal più pessimo dei franchi tiratori. E’ di ieri infatti la notizia delle sue dimissioni del partito con un solido vitalizio di 25mila euro che lo porterà a finire i suoi giorni da pecora moralmente fallita (altro che il leone che professava nel movimento sociale) in uno dei suo grandi imperi edilizi.

Siamo in definitiva su un aereo in un’avvilente modalità “pilota automatico” che non s’accorge d’avere a pochi kilometri l’intera catena dell’ Himalaya pronta ad impattare, dove la clientela è nel panico più totale per mancanza di paracaduti e i vari ufficiali di bordo litigano per chi deve avere il comando della situazione.

Nel frattempo a Bologna, in occasione del primo anniversario della morte di uno dei più grandi cantautori italiani, si viaggia uniti nel passato, nel ricordo dei più visionari geni che hanno illustrato la patria dei valori morali più alti al mondo, che non hanno ahimè mai avuto fedele riscontro nel mondo delle istituzioni. Qui negli antichi fasti di “piazza grande” gremita all’inverosimile, simbolo di un’ Italia che esiste ed è ancora viva, pur se svenduta senza dignità alle pretese tedesche, il popolo non può far altro che rifugiarsi nella commozione, nei ricordi della propria vita, di quelle aziende costruite con la fatica di intere generazioni ed oggi disintegrate da una politica senz’arte né parte. Non resta al popolo che seguire quella linea verticale segnata dai brani di Lucio Dalla, che porta le anime verso il cielo, in un mondo migliore, dove chi ha portato alla morte il paese più bello del mondo, un giorno pagherà dinnanzi a Dio.

Oggi, come tutti i miei coetanei, mi interrogo sul mio futuro.

Oggi, non posso che vederlo a malincuore lontano da qui.

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