Politica
1 Febbraio 2013
Morando: “L'Italia giusta passa per la riduzione delle disuguaglianze sociali”

La ricetta dei liberal Pd: crescita e uguaglianza

di Redazione | 4 min

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morandodi Daniele Oppo

Crescita e uguaglianza vanno a braccetto, “senza crescita non si può affrontare una politica di uguaglianza e senza abbattere la disuguaglianza si ha un ostacolo alla crescita”, per avere una è necessario impegnarsi per raggiungere l’altra e viceversa. È, in forma concentrata, il pensiero politico del Pd che sta dietro lo slogan bersaniano ‘l’Italia giusta’, almeno secondo Enrico Morando, uno dei liberal dei Ds, ora senatore Pd e componente della commissione Bilancio, a Ferrara per un incontro tenutosi all’Hotel Astra dal nome ‘Ricostruire l’Italia, tra sviluppo, equità e fedeltà fiscale’ che ha visto la partecipazione anche del deputato Alessandro Bratti e dell’assessore comunale Luigi Marattin.

“Siamo per il riconoscimento del merito, ma le pari opportunità di partenza sono il nostro primo obiettivo – dice Morando -; esistiamo come sinistra perché vogliamo la disuguaglianza si riduca. La crescita della disuguaglianza si accompagna alla stagnazione della crescita e, in questo momento, alla recessione”. L’Italia giusta per il centrosinistra passa dunque per la riduzione delle disuguaglianze sociali che, osserva il senatore Pd, “sono cresciute negli ultimi 15 anni”. Ma è anche vero che una politica di riduzione delle differenze sociali, non può che passare per una fase di crescita, come fu quella del boom economico visto fra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso. I due fattori si compenetrano e sono essenziali l’uno all’altro: “se nella società odierna, definita ‘della conoscenza’ tanti bambini rimangono fuori da questa conoscenza, non solo aumentano le diseguaglianze, ma non ci sarà alcuna crescita futura”. Ecco perché “serve una strategia credibile in un quadro di riferimento coerente”.

Le soluzioni, individuate da Morando, sono tre. La prima riguarda il carico fiscale che “va redistribuito fra le sue diverse componenti, usando i soldi recuperati dalla lotta all’evasione per ridurre la pressione fiscale sui redditi da lavoro e da impresa”. La seconda si concentra sulla razionalizzazione delle uscite statali, ovvero della spesa pubblica “che è già al 51%, a livello svedese ma senza lo stato sociale svedese”. “Ogni euro di spesa -sostiene Morando- deve essere rigiustificato dall’inizio per vedere se è ancora utile. Spesso le spese di auto-organizzazione dei servizi sono più alte di quelle per gli interventi, bisogna quindi valutare e comparare i costi e i risultati, fare una programmazione con obiettivi di risultato, e se i dirigenti che non sono in grado di raggiungerli faranno gli impiegati”. La terza soluzione è più un auspicio: “se il Paese è in crisi da 20 anni, ci vuole un’azione profonda, in cui si inserisca anche il cambiamento della politica” da qui la considerazione che “è tempo di un ciclo duraturo di governo riformista: dobbiamo lavorare perché risulti chiaro che questa volta ci siamo attrezzati per essere stabili con capacità di cambiamento”.

L’assessore Marattin parla invece dell’economia a livello locale, rivendicando con forza i risultati ottenuti a Ferrara negli ultimi due anni: “abbiamo ridotto di 40 milioni il debito e per fine legislatura arriveremo a 45. Risparmiamo 4 milioni di euro all’anno di spesa per interessi che è quanto spendiamo ogni anno per la cultura di questa città. Abbiamo la quinta aliquota Imu più bassa d’Italia -continua ancora Marattin-, meno costi e abbiamo tagliato la spesa del 16%”. Nonostante questo, l’esempio mediatico e politico diventano gli scandali della politica locale perché “alla politica nazionale fa comodo incolpare gli enti locali per gli sprechi”, gli stessi enti locali che condividono con i cittadini il peso delle politiche per la riduzione del debito pubblico “pagato con la pressione fiscale e i tagli agli enti locali”.

Ad Alessandro Bratti il compito di individuare qualche altra via d’uscita attiva dalla crisi: “noi siamo forti importatori di energia e di materie prime, dobbiamo tentare di impostare nuove politiche su questi due fattori”. Tradotto significa ripensare all’edilizia in senso eco-compatibile e ad alta efficienza energetica (“le costruzioni eco-sostenibili sono l’unico settore nell’edilizia ad essere in controtendenza rispetto agli altri che registrano tutti segni meno”) e, pensare a una strategia energetica nazionale puntando sulla così detta ‘economia verde’, quella della produzione di energie  rinnovabili “con una legislazione più stabile e con un miglior sistema di incentivi”.

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