Politica
5 Luglio 2011

Grazie a Pannella l’Italia scopre di doversi vergognare

di Redazione | 3 min

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Dobbiamo riconoscerlo: è grazie a Marco Pannella, non alla sinistra, né ai cattolici, se l’Italia scopre oggi di doversi vergognare, ancor di più che del clima romano da basso impero, per la situazione carceraria del nostro paese.

L’assunto “lontano dagli occhi lontano dal cuore” si sta infrangendo contro un grido disperato che denuncia in Italia una situazione disumana, che riguarda uomini e donne, detenuti e guardie carcerarie.

Un clima tanto più inaccettabile quanto più spesso al “senza nome”, magari straniero e stupratore,  come tutti vorremmo fossero i detenuti, si sostituisce  una persona, uomo o donna,  con nome e cognome, figlio o genitore,  magari in attesa di giudizio, ladro o ladra per fame o ambulante sudanese che ha strattonato l’agente che gli sequestrava (giustamente) la merce contraffatta.

Centinaia, migliaia, di storie personali che i media stentano a far emergere dalle più tranquillizzanti notti rosa e dalle copertine da spiaggia di queste settimane, ma che Marco Pannella ci ha costretto ad ascoltare.

Vince la vita che straripa dalle celle anche quando non profuma di jet set, il dramma si impone alla politica, ma ancor prima alla coscienza, altrimenti sarebbe oggi un inutile esercizio.

E questo avviene  tutt’ altro che lontano, a pochi metri anzi dalle nostre finestre, nei carceri disseminati in tutto il paese, dove chi meglio chi peggio, ciascuno ha il suo bell’elenco di suicidi, di sopraffazioni, di sofferenze che, quando la vita non lo abbia già fatto, segneranno per sempre la vita anche di giovani immigrati e non. quando per strada ritorneranno, prima o poi, tutt’altro che riabilitati.

Occorre oggi riflettere almeno un istante  su un ministro della giustizia che afferma che è il premier “vittima della giustizia” (tutto volutamente minuscolo), mentre anche tanti paesi in via di sviluppo potrebbero darci lezioni di politica carceraria (e forse d’altro) e allora, pur invitando i partiti riformisti, quelli che ancora credono che la politica si debba occupare di chi ha meno e non di chi ha già troppo, in assenza di un dibattito culturale sul tema, in assenza di letteratura, di poesia, di cinematografia che dia voce ai reclusi costretti a dormire per terra,  tocca  ancora una volta a noi, a ciascuno, dare e fare quello che è giusto fare.

Ci tocca, anzi ci toccherà ancor di più se il carcere di Ferrara verrà effettivamente raddoppiato, ma nessuna città  potrà ignorare il problema nei prossimi mesi, in assenza di provvedimenti di sostanziale riforma del sistema carcerario, di depenalizzazioni di reati che la magistratura neppure ha la forza di perseguire, di risorse per il personale, che vive lo stesso identico dramma, ma dall’altra parte delle sbarre.

Parlare di amnistia non è altro che ammettere una sconfitta di chi ci governa, ma la mancanza di realismo non possiamo farla pagare oltre il lecito, occorre infatti disvelare il fariseismo di chi a tutti i costi non si vuole accorgere della “amnistia di fatto” che ormai da anni attraversa la giustizia penale, costretta per mancanza di risorse e di norme  a selezionare a monte i reati da perseguire trasformando questo paese in una grande roulette dove a seconda dell’ufficio, della città, della sorte sei libero oppure sei morto.

Tiziano Tagliani

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