Lettere al Direttore
28 Giugno 2011

Prestito sociale e lusso

di Redazione | 2 min

Scrivo in riferimento all’articolo “Alla Coop si fa la rivoluzione” pubblicato su L’Espresso del 23 giugno u.s. e da Voi prontamente ripreso, quale portavoce dei 3.000 soci della fallita Coopcostruttori di Argenta, per sottoporre alla Sua attenzione alcune considerazioni in merito.

Fin dalla loro nascita, le cooperative si sono rette sull’autofinanziamento. Inizialmente, braccianti e muratori donavano, ogni settimana, un’ora del proprio salario, mentre in tempi più recenti, gli investimenti sono stati finanziati con il prestito sociale o con l’emissione di APC (azioni di partecipazione cooperativa). Oggi, i dirigenti cooperativi di nuova generazione, Cattabiani e Benini, affermano che recuperare metà del capitale investito è già un lusso, rispetto alle imprese non cooperative ed aggiungono che i prossimi fallimenti non potranno contare nemmeno su un euro di solidarietà.

Ebbene, se è questa la nuova mission delle cooperative del terzo millennio, ritengo che i soci vadano adeguatamente informati e che sulle varie pubblicazioni promozionali, oltre che nelle assemblee dei soci, vadano illustrati non soltanto i vantaggi del prestito sociale, ma anche i suoi numerosi rischi. Insomma, se le imprese cooperative sono come tutte le altre, si devono finanziare con il normale ricorso al credito di banche e finanziarie. E se invece chiedono il prestito ai soci, li informino sul fatto che è un investimento a rischio  e che riaverne indietro la metà è già “un lusso”.

Al contrario, sembra ormai imboccata la strada di un futuro ancora più preoccupante. Il presidente di Coop Adriatica (colosso della grande distribuzione, 3 miliardi di euro di prestito sociale) dichiara di voler offrire ai soci l’emissione di conti correnti e di investimenti obbligazionari, tramite Finsoe, finanziaria Unipol. Evidentemente, l’intenzione è quella di scaricare tutto il rischio sui soci, dato che la legge non garantisce il prestito cooperativo.

La nostra opinione di soci prestatori (molti dei quali da due o tre generazioni) è che i dirigenti cooperativi moderni debbano recuperare la principale dote dei cooperatori “vecchio stampo”, la trasparenza, senza la quale non godranno di alcuna credibilità, in questo passaggio verso la nuova impresa. Quanto al prestito sociale della Coopcostruttori (80 milioni di euro andati in fumo), riteniamo di avere diritto alla restituzione integrale. Gli otto anni trascorsi dal crac, le tragedie familiari ed i lutti nel frattempo consumatisi, sono lì a dire che, anche in quel caso, saremmo comunque ancora molto lontani dal “lusso”.

Massimo Cricca, Portavoce soci Coopcostruttori

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