Anni e anni di umiliazioni, botte e paura. Otto anni di una convivenza al limite del tollerabile sono ricomparsi in sequenza, attraverso la voce dei testimoni e le righe dei referti medici, nel corso di un processo in cui il marito della vittima è accusato di maltrattamenti in famiglia.
Alla sbarra è un uomo di 41 anni di nazionalità marocchina, già sottoposto alla misura del divieto di avvicinamento. Secondo la ricostruzione della procura lungo gli ultimi anni della loro convivenza avrebbe più volte sottoposto la moglie, 24 anni, a maltrattamenti di natura sia psicologica che fisica, tanto da costringerla a condizioni penose di vita, sottoponendola a un costante clima di tensione e paura, con continue scenate violente e scatti d’ira dentro e fuori le mura di casa.
In diverse occasioni l’avrebbe picchiata fino a provocarle delle lesioni, spesso ricorrendo all’uso di forbici, coltelli, bottiglie di vetro. Dopo le percosse la donna era costretta alle cure dell’ospedale, ma ha sempre nascosto ai medici l’origine di quelle ferite. Tranne in due casi, il 22 febbraio del 2018 e il 9 settembre dello stesso anno, quando ha riferito che era stato il marito a ridurla così.
Dopo quegli episodi la vittima, assistita dall’avvocato Giampaolo Remondi, sceglie di denunciare.
Alle botte si aggiungono le minacce di morte, rivolte anche in presenza della figlia minorenne, nel caso lei lo avesse denunciato.
Altre volte invece la umiliava, sia in privato che di fronte ad altre persone, cercando di impedirle di frequentare dei corsi serali e minacciando di lasciare la figlia da sola in casa e di chiamare i servizi sociali se avesse continuato nella frequenza.
A questo si aggiunge il fatto che più volte l’uomo avrebbe omesso di contribuire al mantenimento della famiglia (era l’unico che lavorava), costringendo così la moglie a provvedervi esclusivamente, anche ricorrendo a richieste di denaro ai propri familiari.
Tutto questo dal 2011, anno di inizio della convivenza, fino al 29 marzo 2019, quando la donna riesce ad abbandonare la casa e trovare una casa rifugio per lei e la figlia grazie all’aiuto del Centro Donna e Giustizia.
Ieri, con l’esame degli ultimi testi, si è chiuso il dibattimento e il tribunale collegiale ha rinviato le parti a marzo, quando inizierà la discussione.
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