Attualità
29 Gennaio 2023
Una lunga lettera aperta firmata da oltre 200 tra studenti, genitori, assessori dalla provincia e consiglieri comunali tra gli altri si schiera a favore di una "comunità scolastica che incoraggia il confronto e il pensiero critico" contro l'interruzione dell'intervento di Manuela Macario al liceo Ariosto

“La richiesta di Macario non è una violazione della privacy”, 220 firme contro la censura dell’intervento di Macario

di Redazione | 7 min

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“Apprendiamo dalla stampa che 136 tra docenti e personale non docente della comunità scolastica afferente al liceo classico Ludovico Ariosto di Ferrara ha sottoscritto un documento che descrive i fatti svoltisi durante l’assemblea del 23 gennaio, autogestita degli studenti o che almeno per regolamento ministeriale avrebbe dovuto essere tale. I 136 docenti e personale non docente hanno sottoscritto un documento che descrive quanto accaduto nella loro scuola, con dovizia di dettagli come se fossero stati tutti testimoni oculari di ciò che descrivono, soprattutto in relazione all’intervento di una delle tre relatrici invitate, che citano solo per cognome, la dottoressa Macario (evidente il nome non è a loro noto o degno di menzione)”.

Comincia così una lettera aperta e sottoscritto da oltre 200 persone – tra cui figurano studenti ed ex studenti, che si firmano apertamente e anonimamente, docenti ed ex docenti sia dell’Ariosto che di altre scuole, assessori della provincia, consiglieri comunali, genitori ed altre figure pubbliche e private – che criticano la gestione dell’assemblea d’istituto del liceo Ariosto durante la quale è andato in scena lo scontro tra l’esponente di Arcigay Manuela Macario e la preside dell’istituto Isabella Fedozzi.

“Nella lettera vengono circostanziate e stigmatizzate le tempistiche e le modalità dell’intervento e del metodo formativo della relatrice dottoressa Manuela Macario, nonché le conseguenze negative che questo avrebbe avuto sugli studenti presenti. Sempre dalla stampa però leggiamo la narrazione degli effettivi protagonisti dell’assemblea, ovvero gli studenti del liceo Ariosto presenti all’incontro che in una loro nota stampa descrivono con puntualità lo svolgimento e le circostanze dell’assemblea così: ‘..fino ad allora (ovvero fino all’interruzione dell’assemblea da parte della dirigente scolastica Isabella Fedozzi – intervento che per stessa ammissione degli studenti non risultava assolutamente necessario) l’assemblea aveva visto la costruzione di un importante momento di confronto, su temi che sono al centro del dibattito pubblico odierno e vicini alla sensibilità degli studenti’”, scrivono i firmatari.

Gli stessi proseguono dicendo che “è importante fare informazione a riguardo proprio perché argomenti del genere sono visti come tabù, se non affrontati direttamente in maniera aggressiva. I temi trattati, da come si evince dalla locandina dell’assemblea, riguardavano i concetti di ‘eteronormatività e pregiudizi di genere’ come recita la locandina, nulla pertanto che motivasse l’interruzione di quello che sempre gli stessi studenti presenti definiscono ‘un clima di confronto orizzontale e democratico un clima ricco di opinioni diverse, anche opposte, nessuno infatti era stato attaccato e zittito per le proprie parole’. Ebbene, se questo è quanto hanno vissuto gli studenti ci viene spontaneo chiederci se effettivamente tutti i 136 docenti e personale non docente che hanno sottoscritto la lettera fossero presenti all’assemblea, (o quantomeno se si fossero confrontati con i diretti interessati, protagonisti dell’assemblea stessa, il cui interesse si asserisce essere tanto protetto dagli stessi firmatari, onde evitare quantomeno di imporre una propria versione degli accadimenti completamente difforme da quella vissuta dagli studenti). La quasi totalità del corpo docente e non docente del liceo classico Ludovico Ariosto pertanto, presumibilmente basandosi sui racconti dei colleghi presenti, rivolge un j’accuse alla relatrice dott.ssa Manuela Macario, rea di aver violato e imbarazzato la loro comunità educativa ‘occupando lo spazio previsto per i relatori invitati – lei compresa – e per gli interventi di alcuni studenti che intendevano contribuire a un dibattito che di fatto non ha potuto realizzarsi’.

“Sono decisamente discordanti le due versioni dei fatti”, continuano gli oltre 220 firmatari, e “viene spontaneo pensare che sia più credibile il racconto di chi era effettivamente presente e protagonista dell’assemblea ovvero gli studenti, che quello di chi ha reperito informazioni di seconda mano solo esclusivamente da quella minoranza di docenti presenti e in buona parte affaccendati a fare altro (tra gli scriventi ci sono testimoni diretti). I 136 firmatari è evidente che non abbiano tenuto minimamente conto della versione dei ragazzi presenti o almeno della maggioranza dei presenti (come avviene in democrazia) né tanto meno quella dei genitori che sempre mezzo stampa condannano le azioni di chi ha, sovradeterminando la volontà dei propri figli, con il potere conferitole dal ruolo che ricopre, irrotto e interrotto, una libera assemblea studentesca, che oltretutto era anche stata preautorizzata dallo stesso consiglio d’istituto che ne conosceva contenuti e ospiti”.

“Di fronte all’accusa di violazione della privacy rivolta alla dottoressa Manuela Macario, dopo aver consultato diversi legali e altre figure che hanno funzione di tutela della privacy, siamo certi di affermare che non esiste nessun fondamento all’accusa rivolta alla docente. Rileva come l’invito di alzarsi in piedi (se si appartenga alla comunità LGBTI+ o se si hanno amici/parenti appartenenti alla predetta comunità) non equivalga, per ovvie ragioni, ad un coming out forzato, inoltre pur volendo aderire alla tesi secondo la quale questa domanda abbia determinato la violazione della privacy, l’alzata in piedi degli studenti rappresenta un volontario e consapevole esercizio del diritto al consenso di partecipare all’esperimento posto in essere. Essere minorenni non significa non poter esprimere la propria volontà di alzarsi in piedi in quanto amici o parenti o essi stessi persone LGBTI+, dal momento che nessuna forzatura o obbligo è stato compiuto sulla loro azione”, scrivono i firmatari della lettera che aggiungono che invece “è grave che uno spazio di autodeterminazione, di autogestione e di libertà di espressione e azione fondamentale per la crescita e lo sviluppo dei ragazzi, sia stato invaso prima dalla dirigente scolastica (che non ne aveva in alcun modo diritto dal momento che tutto si stava svolgendo regolarmente come descritto dagli studenti stessi nel loro comunicato) poi da tutto il corpo docente e non docente che con toni che gli stessi ragazzi definiscono ‘paternalistici’, continuano anche tramite stampa ad arrogarsi il diritto di decidere al posto loro”, spiegano gli estensori della lettera aperta. Macario infatti, nel corso del suo intervento, ha chiesto agli studenti di alzarsi in piedi nel caso conoscessero o fossero persone Lgbtq, come confermato dalla stessa Arcigay.

“Gli scriventi, tra cui studenti medi e universitari, ex studenti del liceo Ariosto, insegnanti, educatori, professionisti della salute, lavoratori, genitori, figli, fratelli e sorelle, attivisti e non, semplici cittadini, di qualsiasi età, orientamento sessuale e identità di genere, esprimono preoccupazione e allarme per una comunità scolastica che non solo censura una docente esterna invitata dagli studenti, ma si arroga, nella sua quasi totalità, il diritto di decidere cosa sia più o meno opportuno per gli stessi. Una comunità scolastica che sovradetermina la volontà di chi, presente all’assemblea per libera scelta (parteciparvi non è un obbligo) aveva individuato i temi trattati come necessari. La comunità scolastica che vogliamo e ci immaginiamo è quella che mette i ragazzi al centro, che è attenta ai loro bisogni e che incoraggia la libera iniziativa, che stimola il confronto e il pensiero critico. Una comunità scolastica che pensa al benessere dei suoi studenti in primis e anche a quello di tutto il corpo docente e non docente. Ci duole infatti constatare che, nel comunicato dei 136 firmatari, emerge una totale incompetenza delle tematiche affrontate nell’assemblea, testo che definisce ‘scelte personali’ l’orientamento sessuale di una persona. Un scivolone che non è solo di linguaggio, ma di sostanza, così come di sostanza sono le parole che gli scriventi presenti hanno sentito (e registrato) dalla dirigente scolastica che definisce le persone LGBTI+ “una categoria’ e ‘un mondo’ e definisce ‘inclinazione sessuale’ l’orientamento”, aggiungono le oltre duecento firme concludendo poi facendo notare come “già attraverso il linguaggio si creano distanze, distinguo, separazioni tra chi appartiene al ‘mondo eterosessuale’ e chi appartiene al “mondo LGBTI. Un distinguo e una distanza che non fa altro che alimentare divisioni, pregiudizi e forme di discriminazione indiretta di cui a farne i conti sono e saranno gli studenti LGBTI+ e gli insegnanti LGBTI+ del liceo Ariosto che ci chiediamo come possano sentirsi dopo quanto accaduto il 23 gennaio e dopo quanto sottoscritto da 136 professori/colleghi. Studenti e docenti che sono anche tra gli scriventi di questo comunicato e che dopo quanto accaduto non possono che rimanere nell’invisibilità per non essere marchiati come quelli appartenenti a “un mondo” una “categoria” che non hanno scelto, perché nessuno sceglie ciò che è, qualsiasi sia l’orientamento sessuale o l’identità di genere. Del resto, per citare Giorgio Bassani allievo come alcuni di noi del glorioso liceo Ariosto, ne ‘Gli Occhiali d’Oro’ scrive: ‘Bastava anche dire che Fadigati era ‘così’ che era ‘di quelli’. Ma talvolta come succede a parlare di argomenti indecorosi e dell’inversione sessuale in ispecie, c’era chi ricorreva sogghignando a qualche parola in dialetto…'”.

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