Recensioni
15 Gennaio 2023
La Generazione Z abbandona i social tradizionali preferendo quelli in cui non ci sono utenti ma creator e provocando una crisi che rivela una verità innegabile: i social sono sempre più a-social

I social a-social, ovvero cambia la direzione della comunicazione

di Redazione | 3 min

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Il 2022 lo ricorderemo (tra le altre cose) come l’anno delle bolle che scoppiano. Dopo un’ascesa paurosa sono scoppiate la criptovalute, portandosi con sé i sogni di gloria, e soprattutto di fortuna, di migliaia di investitori improvvisati, che si sono creduti Gordon Gekko in un attimo senza averne le capacità e il fascino.

Dopo la luminosa parabola degli NFT, l’ultima forma d’arte, volubile quanto intangibile, che ci ha reso tutti collezionisti di capolavori unici, talmente unici che manco si toccano.

Dopo tutto questo, l’ennesima bolla che sembra scoppiare è quella dei social, che guardano al 2023 con un certo timore e con buone ragioni.

Come si è già detto altre volte, infatti, i social network tradizionali sono in crisi da un po’: Facebook ormai è terreno di boomer, Instagram non fa che replicare dinamiche di altre piattaforme perdendo la propria identità, Twitter si muove in modo frenetico e scomposto, anche a causa di un turbolento cambio di proprietà.

Questo ha portato tali aziende a registrare perdite notevoli, che purtroppo si sono fatte sentire anche sulla forza lavoro impiegata che fatalmente ne ha fatto le spese.

Molti osservatori sottolineano che i social sono “finiti”. Dopo anni di dominio incontrastato della rete, i giganti del tech vacillano.

Lo stesso vale per Amazon e Apple, altri due protagonisti assoluti, che si trovano alle prese con fatturati in calo e ristrutturazioni necessarie.

Ma dove risiede il motivo di questo improvviso disamore verso tali piattaforme?

Un motivo sicuramente è legato alla saturazione provocata dal marketing: ormai i nostri feed sono popolati molto più da contenuti di aziende o pagine che da post di persone in carne ed ossa che conosciamo e ci interessano.

In altre parole, sembra di scorrere un catalogo di pubblicità piuttosto che un raccoglitore di foto e pensieri che ci leghi ad amici e parenti: i social sono diventati a-social.

Un altro motivo è che le generazioni cambiano e con loro le abitudini e le preferenze.

E le generazioni più nuove amano i video, farli e vederli.

All’inizio MySpace, Netlog, Friendster (i nonni di Facebook per intenderci) sono nati per connettere persone, creare incontro e condivisione. Quella era la necessità e, infatti, le dinamiche che si creavano online erano quelle della community.

Anche da lontano, si poteva rimanere in contatto e addirittura allargare la propria cerchia di amicizie.

Adesso, invece, il social è soprattutto intrattenimento.

Se devo stare in contatto con una persona le scrivo su Whatsapp, la chiamo su FaceApp, le mando un video simpatico con Snapchat. Se invece mi annoio apro Facebook o Instagram e mi perdo tra qualche meme o, ancora meglio, scorro su Tik Tok qualche video e mi faccio quattro risate.

La Gen Z si muove esattamente così confermando ancora una volta quanto detto: i social sono diventati a-social.

Ecco dunque che vincono le piattaforme che non servono a creare una connessione ma un pubblico, come YouTube, Tik Tok o Twitch, in cui un video è un modo per mostrarsi a tutti, intrattenerli e farli affezionare.

C’è sicuramente un lato positivo: per avere un seguito non basta più fare qualche foto un po’ ammiccante, ma occorre dare un contenuto per quanto stupido e montarlo su un video (il formato amatissimo da tutta la Gen Z).

Ma anche uno meno positivo: davvero non esiste un modo di stare su internet che in definitiva non sia un esercizio di egocentrismo?

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