Attualità
20 Luglio 2025
Lo fa anche attraverso le sue parole: "La mafia ha più paura della scuola che della giustizia. Parlate della mafia. Fatelo in televisione, sui giornali. Anche a scuola"

Anselmo ricorda Borsellino: “Fu esecuzione, non attentato”

di Redazione | 1 min

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Un ritmo costante si diffonde tra i viali alberati di Ferrara. Sono le casse di un dj a bordo di un tuktuk a pedali a guidare i passi del corteo che ieri ha ricordato Federico Aldrovandi, a vent'anni dalla sua morte. Una sound parade, una festa collettiva come l'ha definita il Comitato Federico Aldrovandi 2005-2025 che l'ha organizzata, pensata per celebrare quello che sarebbe stato il suo 38esimo compleanno

Un minuto di silenzio per ricordare Borsellino

Alle 16.58 in punto, sotto il Volto del Cavallo a Ferrara, il gruppo locale di Agende Rosse ha osservato un minuto di silenzio per ricordare Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, morti in via D'Amelio

Era il 19 luglio del 1992 quando a Palermo, in via D’Amelio, Paolo Borsellino venne ucciso insieme ai cinque agenti di scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

“Un’esecuzione, non un attentato. Un messaggio chiaro: chi cerca la verità deve morire”. A ricordarlo è Fabio Anselmo, avvocato, tra gli altri, dei casi Cucchi e Aldrovandi, da poco più di un anno siede tra i banchi dell’opposizione nel consiglio comunale di Ferrara.

Anselmo ricorda che qualche giorno prima dell’esecuzione, come la definisce, Borsellino “salì su un palco a Palermo senza invito”. La platea era formata da ragazze e ragazzi e lui disse:

“La mafia ha più paura della scuola che della giustizia. Parlate della mafia. Fatelo in televisione, sui giornali. Anche a scuola”.

Un messaggio che, dice Anselmo, “non era retorica. Era una richiesta d’aiuto. Una consegna”.

“Oggi – aggiunge -, mentre si indeboliscono gli strumenti di indagine e si criminalizzano i magistrati più coraggiosi, quelle parole suonano attualissime.
Parlare, educare, denunciare: è ancora questa l’unica rivoluzione possibile”.

“Non basta ricordare. Non basta piangere – conclude -. Bisogna scegliere da che parte stare. Ogni giorno. Perché il silenzio è il miglior alleato della mafia. E finché qualcuno pretenderà verità e giustizia, Borsellino non sarà morto invano”.

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